Cauto ottimismo per l’industria alimentare italiana, che registra una significativa crescita del fatturato e punta sull’export per lo sviluppo futuro. Necessità di rivedere il sistema italiano di gestione delle emergenze alimentari e di rilanciare il dialogo con le organizzazioni agricole e la distribuzione. Questo, in sintesi, il quadro tracciato da Gian Domenico Auricchio, presidente di Federalimentare, in occasione di Cibus Roma.

Export: il motore del futuro

Le imprese italiane, dopo quattro anni di stagnazione in cui si sono dovute riorganizzare per mantenere le quote di mercato, ora possono pensare a uno sviluppo. Nel 2006, secondo l’elaborazione dei dati Istat realizzata da Federalimentare, l’industria alimentare del nostro paese ha registrato un fatturato di 110 miliardi di euro, facendo segnare un incremento di 2,8 punti percentuali sul 2005. In crescita dell’1,5% anche la produzione (a parità di giornate lavorative e depurata dell’effetto negativo del settore saccarifero). Inoltre, l’andamento positivo dei mercati internazionali ha indubbiamente inciso sulla ripresa. Alla luce di queste considerazioni, l’export sembra essere la strada più adatta per lo sviluppo dell’industria alimentare italiana. Sono i dati stessi a metterlo in evidenza. Nel 2006 le nostre esportazioni hanno infatti raggiunto i 16,7 miliardi di euro, arrivando a incidere per il 15,2% sul fatturato totale. Il miglior risultato in assoluto dell’ultimo decennio. “I dati sull’andamento complessivo del 2006 – ha commentato Gian Domenico Auricchio – ci aiutano a mettere a fuoco una verità molto semplice. A fronte della persistente difficoltà di crescita e della stagnazione dei consumi sui mercati interni, il settore alimentare deve inevitabilmente guardare ai mercati esteri come unico vero mercato di espansione nei prossimi anni. Senza dimenticare che più del 76% dei prodotti alimentari esportati dal nostro Paese sono prodotti industriali di marca. Occorrono perciò sforzi rinnovati in chiave di produttività, di ricerca e innovazione, di spesa promozionale”.

Le sfide del settore
Per rilanciare la competitività dell’industria alimentare, diversi sono i problemi da affrontare, a partire dalla frammentazione delle imprese, considerando che molte (82%) sono troppo piccole e inadatte a competere nel processo di globalizzazione. La mancanza di un’adeguata propensione all’innovazione - di prodotto, di processo e di sistema -, gli effetti negativi dei settori protetti dalle liberalizzazioni e dalla concorrenza, i vincoli legislativi e la contraffazione degli alimenti italiani rappresentano gli altri ostacoli per lo sviluppo del settore. In riferimento al tema della tutela e valorizzazione dell’origine dei prodotti agroalimentari è da segnalare la necessità di discutere sulla definizione di norme tecniche settoriali volte a valorizzare alcune produzioni nazionali. Per quanto riguarda invece la grande distribuzione organizzata il punto di partenza deve essere un confronto per definire obiettivi di marketing condivisi e individuare soluzioni strategiche volte a ottenere vantaggi di lungo periodo.