Una ripresa lenta e anomala, ma pur sempre ripresa, e un Paese che torna se non altro a camminare: per correre ci vorrà ancora tempo e il protrarsi di condizioni favorevoli. La recessione è finita, ma è costata parecchio alle famiglie, che hanno lasciato sul tappeto, dal 2007 a oggi, ben 122 miliardi di euro (47 di minori risparmi e 75 di minori consumi).

Così il “Rapporto Coop 2015” redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche, il supporto di Nielsen e i contributi di GFK, Demos, Doxa e Ufficio Studi Mediobanca.

L’Italia, nei conti, non è più la Cenerentola d’Europa. Ma più che la variazione, minima, di segno positivo del Pil, con cui si è aperto il 2015 (la crescita della nostra economia attesa per fine anno è di un +0,7%), è il sentiment a essere cambiato.

Ci sentiamo salutisti, digitali, proletari o piccolo borghesi, risparmiatori, ma non disdegniamo - era ora - di farci qualche concessione, specie quando si tratta di casa, elettrodomestici e auto. Siamo anche un po’ più felici: il 52% (41 appena un anno fa) considera almeno invariata o, addirittura, migliorata la propria situazione.

Sette anni di crisi hanno però lasciato cicatrici profonde, o meglio hanno acutizzato vecchie ferite, nel tessuto sociale del nostro Paese. L’Italia è bipolare e un po' schizofrenica, caratterizzata da una forte entropia: il Sud è sempre più povero, i giovani spendono meno degli anziani e il lavoro continua a essere la grande discriminante e la grande chimera. La povertà si è fermata, ma 6 famiglie su 100 rimangono davvero vulnerabili e ancora 1/3 della popolazione è a rischio povertà, o esclusione sociale.

Più che a salire le energie sono rivolte a evitare un’ulteriore caduta e, di converso, stiamo assistendo alla rinascita della classe operaia, se è vero che oltre la metà degli italiani (il 52%) si auto colloca nei ceti popolari, il 42% si definisce ancora classe media (era il 53% nel 2008) e solo il 4% sente di appartenere alla casta dirigente.

Siamo i più palestrati e i più connessi d’Europa (12.000 palestre il record in Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone), se non atei certo più laici e indifferenti, i più evasori e paradossalmente tra i più altruisti (a fronte di una stima di 200 milioni di euro di evasione annua, sono 7 milioni coloro che prestano il proprio tempo gratuitamente in attività di volontariato).

Con gli euro che si sono ritrovati nelle tasche (nel 2015 il tasso di risparmio è salito dal’ 8,6% al 9,2), gli italiani hanno ripreso a comprare case, hanno sostituito il parco dei loro elettrodomestici e sono tornati a comprare macchine.

La rete regna sovrana: è lì il mercato più promettente di oggi e del futuro (il fatturato dell’e-commerce nel 2014 ha superato i 14 miliardi di euro ed è destinato a chiudere l’anno intorno sui 17,5) e sta diventando un canale appetibile anche per il food.

Se guardiamo poi nel piatto ci accorgiamo che mangiamo sì la stessa quantità di cibo degli anni Settanta (2,8 kg al giorno) ma si è profondamente modificata la dieta alimentare e più estesamente le tipologie di consumo. Impazziti per il bio, da un lato (+ 20% all’anno), i nostri connazionali amano anche il “cibo della rinuncia”: il 10% è vegetariano (un primato in Europa) e il 2% dichiara di essere vegano.

Se si dovesse trovare una parola d’ordine per ritrarre i nuovi italiani sarebbe wellness, star bene ma in senso meno edonistico del passato: siamo i più magri d’Europa, tra i più longevi e ci concediamo meno vizi di un tempo (meno alcol e meno sigarette).

“Gli italiani sono affamati di digitale e di innovazione – dice Marco Pedroni, presidente di Coop Italia -. I dati del Rapporto 2015 sono in questo senso una riprova. Prima dell'e-commerce alimentare, oltre il 60% vuole un supermercato più digitale e interattivo, che si adatti alle esigenze di ciascuno di noi. La recessione ci ha lasciato un nuovo consumatore con cui relazionarsi che ha nuovi comportamenti e fa nuove richieste”.

“L'andamento favorevole della congiuntura e la timida ripresa dei consumi non ci deve fare dimenticare che i fondamentali dell’Italia - investimenti, occupazione, consumi interni, divario Nord/Sud - sono ancora segni di sofferenza – conclude Stefano Bassi, presidente di Ancc-Coop -. Soprattutto bisogna essere consapevoli che non ritorneremo più, né come stili di vita, né come consumi, al periodo precedente alla crisi”.