“Il benessere degli animali da allevamento è ancora un rischio che molte aziende alimentari, compresi distributori e ristoratori, non gestiscono in modo efficace. Eppure c’è un forte interesse degli investitori per questo elemento. In realtà condurre raffronti non è semplice, vista l’assenza di rendiconti attendibili e la mancanza generale di strumenti che consentano di paragonare società diverse in modo coerente”: così il sesto ‘Business benchmark on farm animal welfare’ (BBFAW) rilasciato a Londra il 22 febbraio.

Lo strumento è specificamente progettato per supportare la comunità finanziaria, integrando appunto il benessere animale fra gli indicatori di eccellenza.

La ricerca ha messo sotto la lente 110 imprese globali del food & beverage, che sono state classificate secondo un indicatore che va da 1, massimo, fino a 6, minimo, un voto che riguarda gli operatori privi di una strategia, attuale o pianificata, in materia di zootecnia sostenibile.

L’analisi ha incluso quest’anno 11 nomi nuovi, fra i quali Coop Italia e il colosso distributivo nipponico Aeon. I nostri connazionali sono rappresentati da 7 esponenti: Barilla, Camst, Ferrero, Cremonini, Veronesi, Autogrill e, come detto, Coop. Fra le multinazionali distributive presenti anche da noi figurano, oltre al leader, nomi come quelli di Aldi, Carrefour, Lidl e Metro.

A guidare la pattuglia delle imprese tricolore è Barilla che si conferma stabile al livello 3 e che viene premiata da uno stile di comunicazione che appare costantemente improntato a profondità e trasparenza, anche quando si tratta di allevamenti.

Si piazzano subito dopo, al grado 4 (making progress on implementation), il re della ristorazione Camst, a pari merito con Ferrero che però è scesa in graduatoria. In crescita, ma sempre su un voto 4, il leader delle carni bovine Cremonini.

Gruppo Veronesi si mantiene sul 5, mentre Autogrill resta al livello 6, che corrisponde, come detto alla mancanza di programmi.

Coop Italia, dal canto suo, riporta un 4, come Camst e Ferrero. Allo stesso livello della graduatoria incontriamo i nomi di altri retailer: Lidl, Carrefour, Costco, Ahold Delhaize, Kroger – tutti stabili – e Casino, in salita.

Crescono di almeno un punto, piazzandosi su un 3, Aldi Nord e Sud, Domino’s Pizza, Elior, Rewe, Woolworths. Stabili, ma sempre in terza categoria (established but work to be done) Danone, Metro e Walmart, tanto per citare aziende presenti o comunque note nella nostra Italia.

Al livello 2, ‘integral to business strategy’, ci sono, fra gli altri, Mc Donald’s, Tesco e Unilever, tutte stabili e Sainsbury, in crescita.

La posizione di testa, livello 1 o leadership, è occupata da 5 nomi fra i quali si distinguono ben 4 distributori: Coop Svizzera, Marks e Spencer, Migros, Waitrose. Completa il quintetto la britannica Cranswick, fornitrice di prodotti alimentari di alta qualità, con un fatturato di oltre 1 miliardo e mezzo di euro.

Classifica a parte, il Benchmark – di ben 72 pagine - sottolinea un netto miglioramento a livello mondiale delle prestazioni delle imprese, sulla scorta del crescente interesse dei consumatori, dei media, delle Ong e degli investitori.

Rimangono tuttavia vari ostacoli: il consumatore, sebbene attento, non è poi disposto a pagare un sovraprezzo per l’attenzione nei confronti del benessere animale, i costi richiesti alle imprese per un allevamento sostenibile rimangono elevati e molti operatori dell’alimentare non si rendono conto degli importanti risvolti di marketing di una zootecnia dal volto umano.

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