L’Assemblea nazionale francese ha approvato all’unanimità le norme contro lo spreco alimentare da parte della Gdo, che diventa a questo punto un reato grave. Chi butta gli invenduti, o anche li manipola in modo tale da non renderli più commestibili, rischia di dover pagare una somma di ben 75.000 euro o, addirittura, due anni di carcere.

Il dispositivo parte fra 13 mesi, a luglio 2016, ma secondo le associazioni di categoria dell’Esagono i veri responsabili del fenomeno sarebbero altri, le famiglie in primis, visto che alle grandi catene si può attribuire solo il 5% del “gaspillage”.

Del resto una larga parte delle insegne, da Intermarché a Leclerc, da Auchan a Monoprix, ha già aderito da tempo a operazioni antispreco su larga scala, come l’inziativa Les Gueules Cassés (sottotilo: “buoni da consumare e non da gettare”), che incoraggia l’acquisto e il consumo di quei prodotti “brutti ma buoni”, che proprio per il loro aspetto rischiano di incrementare a dismisura il serbatoio degli invenduti.

Il gigante Carrefour, dal canto suo, ha dedicato un intero sito (anti-gaspillage.carrefour.fr) che documenta sia le cifre chiave dello spreco mondiale sia l’impegno del gruppo: spicca il dato di 68 milioni di pasti donati ai banchi alimentari nel 2013.

In Italia non sono mancati i commenti alla decisione del legislatore d’Oltralpe. Citiamo solo il punto di vista di Gregorio Fogliani, presidente della Onlus QUI Foundation, che con il progetto “Pasto Buono”, ha recuperato e donato oltre 200.000 pasti nel 2014.

“A oggi, in Italia, donare l'invenduto è quasi una lodevole eccezione – commenta -. Eccezione che spaventava non poco gli esercenti e le Onlus per le possibili conseguenze normative.

“La legge approvata in Francia crea un precedente positivo. Viene finalmente riconosciuto il principio opposto, secondo cui non sprecare è il primo dovere di tutti, e le conseguenze legali saranno semmai nei confronti di chi non lo fa. Ci auguriamo che l'Italia, patria del Food di qualità e per giunta nell'anno di Expo, sappia cogliere questa opportunità suggeritaci d'Oltralpe”.

Secondo la Fao (dati 2011) la quantità di cibo che finisce tra i rifiuti nei Paesi industrializzati (222 milioni di tonnellate) è pari alla produzione alimentare disponibile nell’Africa subsahariana (230 milioni di tonnellate), mentre nel mondo il dato sale a 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, pari a un terzo della produzione totale di cibo per consumo umano.