Superato il mezzo secolo di vita, Sial è da ieri – 16 ottobre – in pieno svolgimento, presso il parco delle esposizioni di Parigi Nord Vilepinte, dove rimarrà fino a giovedì 20. Le cifre sono, come sempre, da capogiro: 14.000 espositori da 105 Paesi, 330.000 visitatori da 194 nazioni, 27 ettari occupati…quanto un centinaio di supermercati.

“L’industria – spiega Nicolas Trentesaux, direttore della rassegna – è galvanizzata dalla crescita demografica mondiale, dall’esplosione della classe media, dall’urbanismo sempre più forte. Tutti elementi che rivoluzionano le aspettative dei consumatori sia dal punto di vista quantitativo, che qualitativo. Presto la popolazione del pianeta salirà a 9-10 miliardi di persone e sfamare tutti sarà la prima scommessa”.

“Ma Sial – continua il manager - deve anche essere considerato come un invito a guardare lontano (‘look deeper’ è appunto lo slogan di quest’anno), a sapersi reinventare, a comprendere meglio, anticipandoli, i bisogni di tutti, travalicando le frontiere, per andare incontro a un universo alimentare che diventa ogni giorno più affascinante”.

L’evento è di estremo rilievo per gli italiani: moltissime le nostre grandi aziende e 200 quelle guidate da Ice. Questo per approfittare di una platea senza paragoni, ma anche perché la Francia è il nostro secondo importatore alimentare, dopo la Germania.

Se il nostro food & beverage ha raggiunto, secondo Nomisma, un fatturato di 119 miliardi, pari all’8,7% del Pil, le elaborazioni dell’Ambasciata d’Italia su dati Ice e Istat, mostrano che le nostre vendite totali (dunque non solo alimentari) nell’Esagono sono salite, tra gennaio e giugno 2016, a 22.668,22 miliardi di euro, contro i 21.609,13 del primo semestre 2015. Per contro il l’import dalla Francia è passato, da semestre a semestre, da 16.290,41 a 16.444,64 miliardi.

Nel food i 3 principali prodotti venduti dai nostri connazionali ai cugini francesi sono, nell’ordine, gli alimenti a base di cereali (16%), i lattiero-caseari (13%) e le bevande (10). Dalla Francia acquistiamo soprattutto latte e formaggi (16%) e poi carne (15) e cereali (10 per cento).