Non sono decisamente tempi buoni per il Pastificio Amato di Salerno e al crack si aggiunge anche la vergogna. L'azienda, già da tempo sotto cura fallimentare, è stata travolta da un'indagine per bancarotta fraudolenta, che ha coinvolto una dozzina di individui, fra i quali lo stesso fondatore, Giuseppe Amato, più altre 4 persone della famiglia proprietaria (compreso Antonio Amato), più il presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti, Claudio Siciliotti, più Paolo Del Mese, che è stato un senatore eletto nelle liste dei Popolari-Udeur, nonché sottosegretario, nonché presidente della VI Commissione Finanze.

Sarà indubbiamente la Magistratura campana a stabilire colpevoli e innocenti, ma la vicenda è comunque una riprova di un certo tipo di imprenditoria, disponibile ad abbassare molto le soglie dell'etica pur di sopravvivere, e, se ce ne fosse bisogno, una dimostrazione degli accordi sotteranei che si creano facilmente fra le aziende e politici di un certo tipo.

Intanto parallelamente, registra un completo blackout l'asta fallimentare del pastificio, che l'altro ieri è andata deserta, nonostante ci fossero 10 pretendenti. Ma nessuno, complice la crisi, ha accettato di sborsare i 40 milioni fissati come base.

A questo punto, vista anche l'uscita di scena dell'imprenditore siculo Giovanni Giudice, che aveva portato avanti per mesi l'azienda in un regime di affitto, non rimane proprio molto in cui sperare. Del resto anche Giudice è rimasto coinvolto nell'inchiesta e ha per giunta dichiarato di non avere assolutamente intenzione di rilevare Amato.

Tutto si azzera ed è scontato che vengano riformulati bando e cifre, per giunta senza più dare garanzie, come era previsto in precedenza, ai 140 lavoratori dell'azienda. Insomma si marcia verso una specie di svendita selvaggia, senza pietà per nessuno.