Pagheremo meno Irpef – le aliquote più basse del 23 e del 27% scendono di un punto – ma pagheremo più caro tutto quanto, visto che la Iva salirà di un punto a partire da luglio 2013: dal 10 all’11% e dal 21 al 22%. Ma il gettito previsto con le imposte indirette non basterà a compensare i 5 miliardi persi con quelle dirette e dunque scatteranno altri provvedimenti, dagli ulteriori tagli alla sanità, alla Tobin tax. Questo il risultato di otto ore di discussione notturna dell’Esecutivo.

Le reazioni ufficiali, visto che è passata poco più di un’ora dal primo lancio giornalistico, firmato dal “Sole 24 Ore”, mancano ancora. Ma senza dubbio in giornata verranno. La parola l’hanno presa per primi i comuni cittadini che, sul forum del quotidiano, non hanno lesinato la propria indignazione verso un Governo che sembra essersi dato come regola di vita la continua disincentivazione dei consumi.

Il tutto mentre ieri l’Istat rilasciava dei dati veramente penosi sulla perdita del potere di acquisto degli italiani: -4,1% nell’anno mobile, terminante a giugno. Un segnale che non si vedeva più da 13 anni, ossia dal 1999. In ribasso, evidentemente, anche i redditi (-1,5%) e gli investimenti.

E intanto, a sentire una statistica lampo firmata da Coldiretti e Swg, il consumatore è sempre più nomade e affannato: il 61% diventa un cacciatore abituale di sconti e promozioni, mentre il 49% cambia negozio a seconda del prezzo praticato sulle varie merci, tracciandosi praticamente un “sentiero del risparmio” tra le diverse insegne. E così la fedeltà verso le marche – sia della distribuzione, sia dell’industria – va a farsi benedire.

Quello che aspetta il sistema aziende è dunque, logicamente, un’ulteriore riduzione di margini e dunque, per compensazione, di costi, costi che però si concretizzeranno, inevitabilmente e almeno in parte, in una serie di tagli, da quelli sul personale a quelli sui listini dei fornitori. Si schiaccerà indubbiamente ancora una volta il pedale della cosiddetta efficienza, ossia un recupero indolore tramite processi industriali e commerciali con maggiori rese, ma l’impressione è che in questo caso il sistema economico abbia già  raschiato il fondo del barile.