Un vero tormento, ma anche una bella espressione di demagogia: questa è la legge, approvata dalla Camera dei Deputati e attualmente all’esame del Senato, che vuole reintrodurre 12 giorni di chiusura obbligatoria – le zone turistiche possono chiedere una deroga per metà delle giornate – per tutti gli esercizi al dettaglio. Le sanzioni per chi sgarra possono raggiungere, nei casi peggiori, i 12.000 euro. Resta esclusa la ristorazione.

Le date sono quelle delle maggiori festività: Natale, Epifania, Pasqua, Capodanno, 25 aprile, 2 giugno, primo maggio... L’approvazione della norma-cerotto sembra praticamente scontata, ma c’è chi si spinge oltre, come alcune componenti della Lega Nord, e arriva a proporre un ritorno integrale al passato, con 48 domeniche di saracinesca abbassata. Veramente geniale...in tempi di e-commerce.

Perché cerotto? Perché 12 giorni non accontentano nessuno, nemmeno il piccolo commercio che di tutto questo è fautore, ma danno solo un contentino. Cerotto pericoloso, tuttavia, in quanto precedente per scalzare, con un paletto qui e uno là, una delle poche eredità positive del Governo Monti, ossia la deregulation della vendita al dettaglio.

Il più indignato è Mario Resca, presidente di Confimprese – l’associazione dei franchisor – che sulle pagine del “Foglio” non si fa certo pregare: ““Siamo totalmente contrari, per principio. Fosse anche un solo giorno – tuona -. Perché 1 giorno, 12 o 56? Con quale criterio lo si stabilisce? La liberalizzazione degli orari è stata una delle, non so se poche o tante, cose buone fatte dal governo Monti, di certo è stata l’unica liberalizzazione completa. I negozi non sono obbligati a stare aperti, se uno vuole chiudere chiude, ma non si possono chiudere per legge le imprese che vogliono servire i clienti”.