Una pessima figura quella fatta da Wal-Mart in Cina, una figura che fa pensare che, quando si tratta di Csr, anche i grandi possono cadere duramente.

Questi i fatti. Il colosso americano, nei suoi punti di vendita di Chongqing, ha venduto maiale spacciato come organico, garantito e di fascia alta, ma si è poi scoperto che il prodotto arrivava da bestiame che non era coperto da alcuna certificazione.

Nè è derivato uno scossone micidiale. Le autorità della Repubblica Popolare hanno costretto 13 magazzini Wal-Mart ad abbassare la saracinesca e comminato una sanzione pecuniaria di 420.000 dollari. Per giunta 37 addetti sono stati messi in arresto e Ed Chan, amministratore delegato della branch cinese, ha rassegnato le dimissioni. La stampa locale si è scatenata e nel mirino, oltre al diretto colpevole, sono finite tutte le insegne straniere che stanno colonizzando il Paese.

Wal-Mart è presente oltre la Grande Muraglia con un totale di 353 punti di vendita, disseminati in 130 nuclei urbani. Il danno di immagine è enorme.

L'accaduto e la campagna stampa che si è scatenata avrebbero comunque un retroscena nelle questioni di finanza e politica internazionale. Recentissimamente il Senato degli States ha infatti approvato una legge restrittiva su Paesi che applicano misure protezionistiche sul piano valutario, il che spiegherebbe tanto accanimento di Pechino contro un'azienda Usa. Ma dalla Cina giungono smentite: Wal-Mart sarebbe stata punita per la sua grave scorrettezza commerciale e non per motivi che avrebbero a che vedere con gli strappi diplomatici.