La direttiva contro le pratiche sleali fa un enorme passo in avanti: il Parlamento europeo ha detto sì alla norma con 589 voti favorevoli, 72 contrari e 9 astensioni. Ora il pacchetto anti-Utps (Unfair trading practices) passa al Consiglio per l’approvazione finale. In seguito gli Stati membri avranno 24 mesi per introdurla nelle proprie legislazioni, per un’applicazione entro 30 mesi dall'entrata in vigore.

Nel mirino ci sono i ritardi nei pagamenti per i prodotti consegnati, le cancellazioni unilaterali tardive o modifiche retroattive dell'ordine, il rifiuto dell'acquirente di firmare un contratto scritto con il fornitore e l'uso improprio di informazioni riservate. Saranno vietate anche le minacce di ritorsioni contro i fornitori che vogliano presentare reclami.

Gli acquirenti non potranno più richiedere ai fornitori pagamenti per il deterioramento o la perdita dei prodotti avvenuta nella propria sede, a meno che ciò non sia dovuto alla negligenza dei fornitori stessi.

Vietate anche, salvo accordi fra le parti, altre pratiche, come la restituzione degli invenduti al fornitore senza pagarli, l'obbligo per i fornitori di pagare per la pubblicità dei prodotti stessi, l'addebito ai fornitori per lo stoccaggio o la quotazione dei prodotti, o l'imposizione dei costi degli sconti al fornitore.

Le nuove norme proteggeranno gli operatori, piccoli e medi, con un fatturato annuo inferiore ai 350 milioni di euro, che saranno suddivisi, in base ai ricavi, in 5 sottocategorie, con una protezione rafforzata in modo inverso rispetto al loro peso economico.

"Davide ha finalmente sconfitto Golia – ha commentato il relatore, Paolo De Castro, primo vicepresidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo -. Equità, cibo più sano e diritti sociali hanno finalmente prevalso sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. Per la prima volta nella storia dell'UE, gli agricoltori, i produttori alimentari e i consumatori non saranno più vittime di bullismo da parte dei grandi attori".

Il Parlamento europeo ha ripetutamente chiesto, dal 2010, misure per contrastare le pratiche commerciali sleali (Pcs) nella filiera alimentare, dopo avere adottato una risoluzione su entrate più eque per gli agricoltori e una migliore funzionalità della filiera. Secondo le stime della Commissione europea le Pmi del settore agricolo e della trasformazione alimentare perdono infatti, a causa delle Pcs, perdono fra i 2,5 e gli 8 miliardi di euro all'anno, pari all’1%-2% del loro fatturato.