Secondo l’ufficio studi di Federalimentare, sulla base dei primi dati disaggregati resi disponibili, la variazione sui dodici mesi 2011/2010 sui dati grezzi evidenzia un calo della produzione alimentare pari all’1,7%, flessione che a parità di giornate lavorative sui dodici mesi si contrae al -1,1%, dato decisamente negativo anche in considerazione delle serie storiche della produzione industriale degli ultimi 40 anni.
Il 2011 segna, poi, un altro primato negativo: il settore alimentare conosce per la prima volta la flessione peggiore rispetto al totale industria, fermo al -0,7%.
Le cause di questo fenomeno di grave contrazione sono molteplici, ma vanno tutte ricercate nella recessione, che ha spinto gli italiani da un lato a tagliare in assoluto il proprio carrello della spesa e dall’altro a privilegiare soprattutto prodotti a basso costo, come private label, primi prezzi e generi discount.
Il tutto è successo in un anno appesantito dai contraccolpi della nuova manovra economica decretata dal Governo Monti, che, fra l’altro, ha innalzato le aliquote Iva spingendo ulteriormente verso l’alto i prezzi. L’inflazione è aumentata e dunque la popolazione si è fatta ancora più prudente. Gli attuali rincari dei carburanti, poi, destinati a ripercuotersi sulla logistica delle merci, non favoriranno certo un abbassamento dei costi dei beni.
Insomma anche il 2012, che qualcuno ha chiamato “l’anno del grande digiuno”, non si è aperto sicuramente sotto i migliori auspici. E in tutto questo i politici hanno avuto il coraggio di ventilare persino una nuova “food tax”, che dovrebbe colpire gli alimenti non in linea con i criteri di una vita improntata alla ricerca del salutismo.