Per il momento non sono arrivate ancora reazioni significative al provvedimento di liberalizzazione dei farmaci di fascia C congedato dal Ministero della Salute, ma c’è da giurare che nei prossimi giorni (ore?) il dibattito tra favorevoli e contrari si farà rovente.

In sintesi l’Esecutivo ha deciso di dare via libera alla vendita fuori dal canale farmaceutico, e dunque nei corner della gdo e nelle parafarmacie, di 220 item, che sono stati sottoposti al cosidetto “delisting”, ossia l’eliminazione dell’obbligo di ricetta medica. Si tratta, tanto per riassumere, come scrive lo stesso Ministero, di “prodotti di largo uso come antivirali per uso topico a base di aciclovir, antimicotici vaginali a base di econazolo, antimicotici locali a base di ciclopirox, prodotti per la circolazione, come i farmaci a base di diosmina, colliri antiallergici e antiinfiammatori per uso topico” (ovviamente si menzionano i principi attivi e non le marche).

Il punto caldo è che questo paniere non rappresenta che il 7% del totale della stessa fascia C, costituita da 3.000 voci. Secondo alcuni commenti, che già da molte ore viaggiano nei blog, sui social network e nelle aree interattive dei giornali, si tratterebbe della solita buffonata, un aborto messo in piedi per dare un contentino alla distribuzione di massa, salvaguardando invece ben bene gli interessi dei farmacisti.

Effettivamente però anche il Ministero ha le sue ragioni che sarebbero plausibili, se non fosse che  nelle parafarmacie e nei corner operano già oggi dei laureati in farmacia e dunque dei professionisti.

Viene mantenuto infatti l’obbligo di ricetta, e dunque di vendita nel canale specializzato, di articoli che non vanno dispensati senza le opportune cautele: stupefacenti, iniettabili, medicinali per uso endocrino.

 

Allora la domanda è: esistono anche farmacisti di serie A, i titolari e i loro diretti collaboratori, e farmacisti di serie B, quelli che operano nel fuori canale?