L’allarme sulle carni lanciato dall’International Agency for Research on Cancer di Lione, ente specializzato che fa parte dell’Oms, ha fatto il giro del mondo.

Eleonora Graffione, presidente del Consorzio Coralis, che raccoglie la piccola distribuzione organizzata (circa 40 soci per oltre 700 punti di vendita), esprime il proprio parere. E’ una lettera aperta di sicuro valore umano e professionale, ma soprattutto equilibrata e intelligente, che volentieri pubblichiamo.


Leggere in questi giorni tutto ciò che è stato detto, in modo allarmistico e impreciso, sugli effetti disastrosi sulla nostra salute delle carni rosse e delle carni lavorate, mi ha profondamente rammaricato. La cattiva o parziale informazione è sempre foriera di reazioni eccessive che, in questo caso, rischiano di minare un intero comparto produttivo fondamentale per la nostra economia agro-alimentare.

Essendo coinvolta nella questione, sia da un punto di vista personale che professionale, ho pensato di scrivervi per portarvi la mia testimonianza.

Sette anni fa entra nella mia vita la parola cancro, mi curo, guarisco ma quattro anni più tardi scopro di essere BRCA1 positiva. Questa strana sigla, inizialmente sconosciuta e diventata famosa grazie ad Angelina Jolie e alle sue radicali scelte, significa alto rischio di contrarre il cancro, quindi necessità di continui screening.

Ed è a Milano, durante uno dei miei controlli, che incontro una dottoressa sostenitrice della forte sinergia tra cibo e salute, anche in materia di cancro. Mi convince e da allora seguo la sua dieta, che, oltre ad avermi fatto perdere i chili accumulati durante le terapie chemioterapiche, mi aiuta a credere che esista un modo per tenere a bada “il mostro” e contemporaneamente mi insegna a scegliere con cura i cibi di cui mi nutro, previlegiandone le caratteristiche e le proprietà.

La parola qualità sostituisce la parola quantità e mi ritrovo a sorridere, a condurre una vita lavorativa ed affettiva normale in cui sento di avere tanti strumenti a disposizione per poter convivere con una minaccia che, col passare del tempo, riesce a farmi sempre meno paura.

Che esista una stretta connessione tra cibo e salute è un dato di fatto, che carni e salumi, consumati in dosi massicce siano cancerogeni non è una novità: ormai da anni oncologi di fama internazionale, nutrizionisti, scienziati ed epidemiologi lo affermano, ma qui entrano in gioco due fattori fondamentali: la qualità di questi prodotti e la quantità che se ne produce e che se ne consuma.

È evidente che la necessità di produrre sempre più carne spinge gli allevatori a cercare soluzioni per una produzione veloce, standardizzata e meccanizzata, dove l'alimentazione dei capi è ricca di grassi per favorire una crescita rapida e costante. Gli allevamenti diventano intensivi e contano centinaia o addirittura migliaia di capi, decine di migliaia se si parla di pollame. Spesso gli animali vivono ammassati e ciò non permette un’igiene accurata: da qui l’uso e l’abuso di antibiotici per limitare l'insorgenza di malattie. Tutto questo determina un modo sbagliato di mangiare carne.

Per far fronte a questa situazione è necessario diminuire i consumi e diversificare le nostre diete, privilegiare quei prodotti che meno si prestano all'utilizzo massiccio di additivi, conservanti, edulcoranti, coloranti. E’ necessario selezionare gli allevamenti che rispettano standard qualitativamente alti in tema di benessere degli animali, di alimentazione agli animali stessi e di macellazione. Inoltre, bisogna dare un’informazione corretta ed esaustiva dei prodotti ai consumatori per aiutarli a scegliere cosa mettere sulle proprie tavole: rendere nota l’intera filiera, dall’allevamento al confezionamento, evidenziare informazioni importanti, come l’assenza di ingredienti nocivi all’interno degli alimenti.

Coralis, che ha fatto della qualità un must, sta adempiendo a tutto ciò grazie ad Etichètto, la clear label che guida il cliente nell’acquisto, certificando la salubrità dei prodotti su cui è apposta. E’ una social label perché dà tutte le informazioni indispensabili sulla provenienza, sugli ingredienti e sugli stabilimenti di trasformazione dei prodotti e una super label, perché evidenzia le caratteristiche etiche dei produttori, dandogli la giusta visibilità sul mercato.

Voglio ricordare che siamo nella patria della qualità alimentare, nella patria del miglior microclima, nella patria delle norme alimentari più serie e più serrate. Non è una novità che le carni rosse non devono essere assunte tutti i giorni e in grandi quantità. E allora perché questo allarmismo improvviso? Come si può essere cosi superficiali, su argomenti così delicati, che riguardano la salute delle persone e del sistema Paese?

Perché non pensiamo di dare strumenti chiari e precisi ai nostri clienti informandoli sui loro acquisti? Per esempio, stampiamo un comunicato da distribuire alle casse e istruiamo i nostri addetti affinché diano tutte le informazioni necessarie spiegando origine e provenienza dei cibi proposti.

Noi quelli della piccola distribuzione organizzata, quelli che ogni giorno ci mettono la faccia con il cliente, noi che formiamo i nostri addetti e che selezioniamo con attenzione e competenza i prodotti, noi che facciamo il nostro lavoro con dedizione e professionalità, noi che ogni mattina alziamo la saracinesca consapevoli di giocare un ruolo importante nel fornire i prodotti più sani e sicuri, noi siamo quelli che si vogliono difendere da questa brutta e incompetente informazione e abbiamo già cominciato a farlo e, mai come ora, siamo orgogliosi di avere avuto una visione tanto lungimirante, che assume anche il peso di una responsabilità sociale: quella della corretta informazione.