Barilla vuole rafforzarsi in Paesi esteri, anche inesplorati, ma vuole farlo con calma e con cura, le stesse qualità che bisogna avere per cuocere una buona pasta: è questa la sintesi estrema di un'intervista a Paolo Barilla pubblicata oggi sul "Sole 24 Ore" e realizzata da Emanuele Scarci.

Il discorso parte proprio dalle strategie, e l'interlocutore dichiara che l'obiettivo immediatamente nel mirino è costituito dagli Usa, dove il giro d'affari della casa parmense ammonta già a 500 milioni di euro e dove, sulla sola pasta, la multinazionale detiene una quota di mercato impressionante, del 29%, a fronte di ricavi totali di 4.029 miliardi. In America si aprono orizzonti nello sviluppo di business affini, come quello dei sughi.

Del resto Barilla possiede ben 49 stabilimenti, di cui 35 in terra straniera, e vende i propri prodotti in un centinaio di nazioni. Davvero promettente è il Brasile, un gigante da quasi 200 milioni di abitanti, dove la pasta è già molto gradita, ma dove si consuma una ricetta locale con una forte presenza di grano tenero.

E poi c'è l'Asia, tutta da scoprire, visto che nell'immenso continente non ci sono tradizioni di consumo correlate a spaghetti & C. E allora si tratta, secondo Paolo Barilla, di agire con tranquillità e astuzia, preparando il terreno e caricando il prodotto di significati emotivi, raccontando una storia al consumatore, una storia che lo faccia sognare. Non si può, sottolinea l'industriale, pretendere di sbarcare in un territorio vergine e credere di trionfare limitandosi a buttare un alimento sugli scaffali.

Ci sono anche altri Paesi, dove i nostri immigrati hanno fatto da battistrada, nei quali la pasta è assai apprezzata: Sudafrica, Germania, Olanda, Gran Bretagna, Spagna (un secondo posto dopo la paella), Australia.

Gli orizzonti di business ci sono tutti, la determinazione pure, come anche le risorse finanziare e se il mercato italiano accusa qualche sintomo di crisi e saturazione, basta farsi esploratori e partire per nuove avventure.