Sfiora gli 8 miliardi di euro il valore condiviso dell’avicoltura italiana: nel 2018 la filiera di pollo e carni bianche ha generato ricadute economiche e occupazionali per 7,9 mld, pari a quasi mezzo punto del PIL 2018 (0,45%) e superiori alla crescita attesa per l’intera economia italiana per il 2019 (+0,3%).

A rivelarlo lo studio Althesys “La filiera avicola crea valore per l’Italia” presentato a Roma durante l’assemblea di Unaitalia (Unione Nazionale Filiere Agroalimentari Carni e Uova). L’indagine, che per la prima volta fotografa il contributo diffuso del settore al Paese tra effetti diretti, indiretti e ricadute indotte – evidenzia come la filiera avicola, con 21,7 mld di giro d’affari complessivo, non solo sia un’eccellenza della zootecnia italiana e del settore primario ma un vero e proprio “moltiplicatore economico”.

Ogni euro di valore condiviso generato nella fase di trasformazione infatti ne produce 5,70 sul resto del comparto. Effetti tangibili si riscontrano anche sul fronte dell’occupazione (circa 83.000 addetti lungo la filiera). Per ogni dipendente nella trasformazione, vengono creati altri 2 posti di lavoro e mezzo lungo tutte le altre fasi della filiera (incubatoi, agricoltura, mangimi, industria, housing allevamenti, servizi, logistica, distribuzione e vendita).

Forlini, presidente UnaItalia ha dichiarato: «L’avicoltura italiana è un comparto zootecnico strategico che garantisce prodotto e filiera 100% made in Italy con un fatturato in crescita del +7,5% in dieci anni (oggi a quota 5,7 mld). Per non perdere solidità e autosufficienza dobbiamo però accedere ai nuovi mercati. È ancora fermo ad esempio il dossier Cina, per il quale chiediamo al più presto una cabina di regia tra Mipaaft, Ministero della Salute, Ministero degli Affari esteri e Mise».

Le carni avicole sono le più consumate nelle case italiane (35% degli acquisti domestici) e registrano una crescita costante sia nei volumi che nella spesa (+0,6% i volumi e +3,6% sul 2017, elaborazione -Ismea su dati Nielsen).