Secondo quanto emerso dal terzo Quaderno di Approfondimento elaborato dal centro Studi di Fondazione Ergo, l’Italia risulta caratterizzata dal low-skill equilibrium, ovvero da un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese.

Si pensi, per esempio, che il 6% dei lavoratori ha competenze inferiori a quelle richieste dal lavoro che svolgono, mentre l’11,7% superiori. Inoltre il 35% svolge un lavoro non attinente al proprio titolo di studio, mentre il tasso di occupazione è del 48,4% per i diplomati contro una media europea del 71,1% - il nostro paese si colloca al penultimo posto, nell’Unione Europea, per numero di laureati. Le conseguenze di ciò sono un ristagno economico e una bassa crescita della produttività.

Secondo quanto emerso dal Word Economic Forum 2018, il progresso tecnologico porterà alla creazione di 133 milioni di posti di lavoro, poco meno del doppio di quelli che, nello stesso tempo, verranno persi, superati o sostituiti da processi di automazione (75 milioni). Dunque, il saldo netto sarà di 58 milioni di nuovi posti. Da un lato, se le professioni ad alto rischio automazione potrebbero scomparire, dall’altro ne stanno emergendo di nuove, di cui alcune legate allo sviluppo tecnologico.

Inoltre, il sistema informativo Excelsior di Unioncamere stima, al 2022, un fabbisogno di occupati complessivi di 2.576.200 unità, di cui il 78% riguarda i lavoratori in uscita per pensionamento o per mortalità, mentre il 22% rappresenta l’espansione attesa della domanda. Per il 30% il fabbisogno riguarda i laureati e le lauree più richieste sono quelle ad indirizzo economico, seguite da quelle medico-sanitarie e paramediche e ingegneristiche.

La necessità di diplomati, invece, si attesta intorno al 32% di quello complessivo con una richiesta maggiore per l’indirizzo l’amministrazione, finanza e marketing. Il fabbisogno di occupati con qualifica professionale o scuola dell’obbligo è fissato al 38%. Si prevede una carenza media di circa 21.000 laureati ogni anno - circa 100.000 unità nell’arco di un quinquennio. Differente, invece, è la situazione per i diplomati, dei quali si prevede un eccesso di offerta rispetto al fabbisogno (1.308.100 unità contro 809.600); è, quindi, probabile che queste figure si renderanno disponibili ad accettare proposte lavorative non coerenti con gli studi svolti.