Otto settori, una sola associazione che, al suo interno, integra prodotti e comparti diversi dell’agroalimentare italiano, in un’ottica di filiera e di economia circolare. È questa la fotografia di Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia, che, in occasione dell’ultima assemblea generale, ha tracciato il bilancio dell’attività svolta nel 2018.

In particolare, il presidente Marcello Del Ferraro ha sottolineato la scelta associativa di costruire sinergie. Secondo i dati Assitol, nel 2018 le aziende associate hanno iniziato a risentire del mutato quadro internazionale di chiusura dei mercati. Tuttavia, la reazione ai primi segnali di difficoltà è stata positiva, grazie alla vocazione all’export delle imprese e alla loro riconosciuta capacità di adattamento.

Nel dettaglio, con una produzione di 428.000 tonnellate di olio d’oliva nella campagna 2017-2018 l’Italia risulta in linea con altri suoi competitors del Mediterraneo, come la Grecia, la Turchia e la Tunisia, ma conferma il suo storico deficit produttivo. Il suo fabbisogno, interno ed estero, si attesta infatti sul milione di tonnellate. Ciò non ha però impedito al settore di continuare a mantenersi ai vertici dell’export di olio d’oliva confezionato, con 186mila ton di prodotto venduto all’estero.

Il maggior importatore di olio d’oliva resta gli Stati Uniti, seppure con una flessione del 6%. Ottimi gli scambi con Germania (+6,4%), Canada (+20,7%), Regno Unito (+8,8%), Giappone (+2,7%) e Australia (+26,2%). In generale, l’Asia appare il mercato più promettente, grazie alla crescita costante del suo Pil e all’interesse per l’“italian lifestyle”.