Consumi in netto calo nel mercato della pasta secca. Secondo i dati rilevati da AcNielsen relativi all’anno terminante a marzo 2007, i volumi di pasta venduta registrano una perdita di 4,2 punti percentuali, passando da oltre 835mila tonnellate a 800.624. Decrementi più contenuti per quanto riguarda il fatturato mosso, che segna un -2,8%, scendendo da un giro d’affari di 822 milioni di euro abbondanti a 799.512.000 euro. Rimangono stabili, invece, le famiglie acquirenti: 21.781.000.

Questa restrizione dei consumi dura da un paio d’anni. Le cause sono varie. Dall’invecchiamento della popolazione alle diverse abitudini alimentari degli immigrati, fino all’aumento dei consumi fuori casa. Anche la mancanza di tempo generale fa la sua parte. Molte volte si opta per cene veloci, che non prevedano l’utilizzo dei fornelli. Qualora si mangi pasta, comunque, le vendite sono trainate dagli spaghetti nei formati lunghi, e dalle penne nei formati corti.

Le varie aree hanno profili molto diversi per quanto riguarda il consumo di pasta. Il maggiore apprezzamento si ha nel sud e nelle isole, dove si concentra il 44% circa dei volumi venduti e dove il consumo pro capite raggiunge i 34 kg annui. Segue il centro, con una quota del 21% e 28 kg pro capite, poi il nord ovest con il 20% e 23 kg e il nord est con il 14% circa del mercato totale e 18 kg pro capite. Tutte le aree perdono, ma con grandi differenze. A risentire maggiormente della contrazione dei consumi è il centro, che perde 8,2 punti percentuali. Le due aree del nord si equivalgono, calando approssimativamente di 5,5 punti percentuali. Il sud e le isole, invece, tengono. Presentano solo un lievissimo decremento (1,1%). Certamente, si tratta della zona in cui l’abitudine di mangiare pasta, magari anche due volte al giorno, è più radicata. E’ anche la zona in cui le donne occupate sono meno, in proporzione, rispetto al centro o al nord. Chiaramente questo è un fattore che influisce molto sulle scelte alimentari di una famiglia.

Per la pasta secca, il canale della grande distribuzione è in assoluto quello che ottiene percentuali di vendita più alte, con circa il 40% del mercato. Ciò non toglie che questo canale stia subendo perdite a volte anche pesanti. Di contro, si assiste a un aumento della pasta veicolata tramite l’horeca. Per quanto riguarda i punti vendita, il libero servizio registra un calo del 2,3%. Negozi tradizionali e supermercati, per una volta, segnano lo stesso risultato, calando di 6 punti percentuali circa (-6,3% i tradizionali, -6,6% i supermercati). La perdita più consistente la registrano i cash&carry e i grossisti, con un -21,7%.

All’interno di un mercato riflessivo, qual è la tendenza di alcuni dei maggiori produttori di pasta? Granoro ha seguito l’andamento della pasta in generale, dato considerato positivo da Marina Mastromauro, amministratore delegato e direttore commerciale dell’azienda, perché Granoro – riflettendo il mercato – non ha registrato incrementi, ma neppure ha subito perdite. L’azienda ha una quota di mercato del 4% sul totale.

Il Pastificio Garofalo ha invece chiuso il 2006 in forte crescita, come sottolinea Francesco Garufi, direttore vendite Italia dell’azienda. Il fatturato sul mercato domestico pari a 21 milioni di euro ha fatto segnare una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. In crescita (del 10%) anche le vendite sui mercati esteri, che hanno raggiunto i 32,5 milioni di euro. Le tonnellate prodotte nel 2006 sono state più di 77mila, con un incremento del 10% rispetto al 2005. Considerando l’anno terminante a marzo 2007, la quota di mercato di Garofalo è pari al 2,7% a volume e al 3,5% a valore.

In questo scenario competitivo, Divella (seconda industria produttrice di pasta per quota di mercato) si posiziona con una quota dell’8,9%, superiore di 0,4 punti percentuali alla quota dell’anno precedente. Aumentano anche (dell’1,2%) le famiglie acquirenti di Divella, che ammontano a 7 milioni circa. La politica dell’azienda sul mercato, come afferma Niccolò Bellanova, direttore commerciale, non è mai di difesa, ma di attacco. Se le quote aumentano nonostante la contrazione dei consumi, significa che l’azienda è riuscita a conquistare clienti che prima acquistavano un’altra marca.

In generale il mercato è molto stressato, perché nessuno è disposto a perdere dei volumi. Questo determina anche la difficile situazione dei prezzi. Se i supermercati e i discount perdono punti, cercano di recuperare con le promozioni. In questo modo, però, il prodotto rischia di perdere le sue connotazioni e di venire svilito. Inoltre, se il consumatore si abitua a comprare la pasta a un certo prezzo, la risalita risulterà difficile per le aziende. E’ da notare come a volte gli aumenti dei prezzi dipendano da fattori indipendenti dalle aziende produttrici, come un aumento dei costi o della materia prima. Tornare a un prezzo normale, però, dopo lunghi periodi di offerte e promozioni, può risultare critico. Si spera in un giro di vite, che ricominci a dare alla pasta il valore che effettivamente ha, senza timori. La qualità, del resto viene sempre riconosciuta dal mercato.