Come rappresentante dell’industria produttrice, Guido Barilla - presidente dell’omonima azienda - ha aperto le danze con una riflessione teorica sul significato di crescita e sulla necessità di una crescita sostenibile.

Attualmente il pensiero dominante nel marketing riguarda la necessità di aumentare i consumi, a costo di creare negli acquirenti un’esigenza precedentemente inesistente. Questo indica una crescita distorta. Seguendo le esigenze della produzione e non quelle reali della vita, si rischia di aumentare la distanza tra il marketing e il valore effettivo dei prodotti, e tra le industrie e le persone. L’obiettivo di oggi deve essere la sostenibilità.

Barilla auspica quindi un cambiamento radicale di questa mentalità: la questione non dovrebbe essere quanto si cresce, ma come si cresce. Il punto centrale delle nuove strategie non dovrebbero essere i consumi, ma le persone.

Il mercato food, per esempio, attualmente è troppo caotico: c’è un surplus di informazioni che il consumatore non riesce più a registrare e ogni anno vengono lanciati 17.000 nuovi prodotti. Il rischio è mettere in pericolo la credibilità del settore.

L’industria food dovrebbe dare modelli positivi. L’innovazione sostenibile dovrebbe partire da una sensibilità particolare verso le problematiche più frequenti: i problemi cardiovascolari, la malnutrizione, l’obesità. Questi sono i punti di partenza per un’innovazione che soddisfi le esigenze reali dei consumatori e non quelle indotte. Se il consumatore si evolve più velocemente dell’industria, bisogna ricominciare ad ascoltarlo.

Facendo un passo avanti lungo la catena che porta dal produttore al consumatore, la discussione si è spostata sulla logistica, con Daniel Jones, presidente di Lean Enterprise Academy.

Jones ha posto l’accento sul paradosso di una società che da un lato vuole fare sempre di più sempre più in fretta e dall’altro convive con enormi sprechi di tempo. Analizzando la tipica supply chain si nota che può durare da tre a sei mesi. Tempi così lunghi non si riflettono solo sull’efficienza (per esempio rotture di stock), ma anche sui costi totali.

A causa della non reperibilità sugli scaffali dei prodotti che cerca, anche il consumatore perde più tempo del dovuto cercando prodotti sostitutivi.

E’ proprio in questi sprechi che si possono trovare i margini per un miglioramento e un nuovo modello di supply chain. Lo scopo è far risparmiare tempo all’acquirente per aumentare la sua soddisfazione. Occorre lavorare insieme al consumatore per rispondere alle sue esigenze.

Bisogna semplificare la logistica in modo che i consumatori possano avere un accesso diretto ai prodotti e i retailer non debbano mantenere gli stock.

Si sta sperimentando con dei produttori volontari. I risultati rivelano un aumento della qualità dei prodotti e il 100% di vendita degli stessi. Se i retailer si aggiungessero e basassero i loro ordini sugli ordini effettivi dei clienti si avrebbe la supply chain ideale. Il consumatore, insomma, deve essere considerato come parte integrante della supply chain.

Migliorare la logistica e aumentarne l’efficienza significa anche gestire i dati in modo corretto e condividerli nelle diverse fasi della catena. Riguardo a questo tema ha portato la sua testimonianza Sally Herbert, presidente di GS1 GDSN.

L’implementazione di un solido programma di qualità dei dati combinata con la sincronizzazione degli stessi può portare a una crescita effettiva del business. Studi ed esperimenti su varie industrie hanno dimostrato che i benefici sono più alti rispetto alle aspettative, così come l’efficacia nei processi di vendita e merchandising, sia per i retailer che per i fornitori. Un esempio pratico: riguardo alla disponibilità dei prodotti sugli scaffali, i produttori hanno risparmiato il 67% del tempo e i retailer il 23%.

La GDSN, Global data synchronisation network, prevede che tutte le informazioni siano divise con i partner del trade. Perché siano condivisibili, devono essere sincronizzate. La strada è ancora lunga, ma GS1 vede la completa sincronizzazione come un traguardo raggiungibile. Ciò su cui sta lavorando attualmente è la standardizzazione delle misure del packaging.

L’incontro si è concluso con un rappresentante dell’ultimo anello della catena: la distribuzione. E’ stato Vincenzo Tassinari, infatti, presidente di Coop Italia, a dare l’ultimo contributo alla discussione, insieme a Giorgina Gallo, amministratore delegato di L’Oréal.

La tanto auspicata collaborazione tra le parti ha trovato in questo intervento un esempio pratico. Industria e distribuzione hanno infatti messo insieme la propria esperienza e il proprio know how per migliorare uno specifico reparto del retail.

L’Oréal e Coop hanno stretto un accordo senza precedenti basato sulla totale partnership, dalla supply chain al punto vendita. In particolare, l’obiettivo del progetto è stato il restyling e l’innovazione del comparto health&beauty dell’ipermercato di Castenaso, che stava registrando perdite intorno al 9%.

Il progetto ha portato alla soddisfazione dei clienti e alla crescita del comparto dell’11,4%.

Dalla teoria si è passati quindi alla dimostrazione del fatto che la collaborazione tra i vari attori della supply chain è la strada da seguire per una reale crescita e per una vera innovazione.