Dopo 3 anni di contrazione del mercato del giocattolo, nel 2015 si è finalmente visto un segnale di ripresa, con una crescita che si è attestata attorno al 3%. Anche gli altri paesi dell'UE, eccezion fatta per la Francia con un parziale negativo dell'1,6%, mostrano un trend positivo. A trainare il comparto sono i giochi elettronici, seguiti dalle costruzioni e, in percentuale minore, dai giochi destinati alla Prima Infanzia. Abbiamo chiesto all’Ing. Quercetti, a capo dell’omonima azienda che ha un'unica fabbrica a Torino e nel 2015 ha festeggiato i 65 anni di attività, di parlarci del settore e raccontarci il segreto del “chiodino”, ancora oggi prodotto più venduto.

Ing. Quercetti potrebbe cortesemente sintetizzarci la storia della Sua famiglia e della vostra azienda?
La storia della nostra famiglia e della nostra azienda sono strettamente legate. La Quercetti & C. è frutto della creatività di mio padre, Alessandro Quercetti, che la fondò a Torino nel 1950. Il primo giocattolo che realizzò usando il marchio Quercetti si chiamava Galoppa, un cavallino a molla che muovendosi, disarcionava il fantino. Si occupò lui stesso della distribuzione e della vendita del gioco. Oggi l’Azienda è ancora proprietà della famiglia Quercetti, io e i miei fratelli, Andrea e Alberto, abbiamo raccolto l’eredità professionale di nostro padre.

Nel 2015 avete festeggiato il 65esimo anno di attività. Come si è chiuso in termini di fatturato e vendite?
Abbiamo festeggiato i nostri “primi” 65 crescendo nel nostro Paese. In Italia abbiamo registrato un aumento del giro d’affari dell’11%, a fronte di una crescita del settore giocattolo pari al 6%. Un risultato superiore alla media nazionale. La linea di prodotti più venduta è stata quella dei chiodini, che abbiamo recentemente rinnovato con il lancio di una nuova versione, questa volta rivolta ai giovani e agli adulti. L’abbiamo chiamata Pixel Art. Chiodini più piccoli, pixel appunto, correttamente inseriti nelle tavolette traforate, danno vita a ritratti, paesaggi, opere d’arte e, per chi volesse, riproduzioni di foto e scatti da personalizzare come si crede, nel taglio, nei colori e anche nelle dimensioni, data la modularità del gioco, che si presta così a diverse soluzioni d’arredo. Con questo gioco abbiamo raggiunto un target di pubblico molto diverso da quello a cui eravamo abituati, sia in termini di età che di interessi. Il Pixel Art ha trainato le vendite nel 2015.

L’export quanto pesa?
L’export vale il 60% del nostro fatturato. Il principale mercato restano gli USA, poi Francia, Spagna, Germania, Australia… Siamo presenti in una cinquantina di paesi. Cina inclusa.

Qual è stato, invece, l’andamento del mercato del giocattolo?
Dopo 3 anni di contrazione, il mercato del giocattolo in Italia è finalmente cresciuto del 6%. A guidare le vendite sono stati soprattutto i giochi elettronici.

Per cosa si caratterizza il mercato italiano nel panorama europeo?
Sfortunatamente si caratterizza per la più bassa spesa procapite per acquisto di giocattoli. L’Italia guida questa classifica negativa. Siamo secondi solo alla Grecia.
In termini di offerta il mercato italiano non ha differenzazioni rilevanti rispetto agli altri paesi europei.

Il vostro prodotto storico, il chiodino, continua ancora oggi ad essere molto amato nonostante la concorrenza spietata dei giochi digitali. Qual è il segreto di questo successo?
Il chiodino, così come tutti i giochi di manipolazione, soddisfa un’esigenza fondamentale nel bambino. Il contatto, il bisogno di accumulare esperienze reali. Spesso nell’era “digitale” ci si dimentica che il corpo è uno strumento di conoscenza formidabile. I bambini devono imparare a usarlo tutto: un ditino solo non basta. La mano del bimbo deve toccare, lanciare, allineare, sovrapporre gli oggetti per poterli conoscere e, da questo tipo di conoscenza, accumulare esperienze e ricordi. Il ritorno in voga del gioco dei chiodini, sia nella versione più classica per bambini, sia in quella del Pixel Art rivolta ai più grandi, è emblematico. Oggi c’è una riscoperta dei giochi tradizionali sul mercato, la loro valenza, infatti, dura nel tempo e non può essere minata dall’innovazione tecnologica. Il gioco analogico non potrà mai passare di moda, perché risponde ai bisogni primari dei nostri figli.

Quercetti oggi è una delle pochissime realtà italiane del settore a poter vantare un controllo diretto dell’intera filiera produttiva. Quanto è importante per voi il made in Italy?
Fondamentale. In termini di qualità prima di tutto. L’intero ciclo di produzione, concept, prototipazione, sviluppo, costruzione stampi, stampaggio, confezionamento, spedizione è svolto in Italia, a Torino, con manodopera residente, sviluppando un indotto sul territorio. Questo ci garantisce un controllo diretto di tutte le fasi produttive. Produrre in Italia ci consente di mantenere le competenze e il know How nel nostro Paese. In secondo luogo limita le possibilità dei nostri concorrenti di copiarci. E naturalmente ci permette di controllare la qualità di ogni nostro prodotto dall’inizio alla fine della lavorazione. Il 90% della produzione mondiale di giocattoli proviene dalla Cina. La nostra azienda è quindi un’anomalia nel settore, ma i punti di forza rispetto a un produttore cinese riguardano, oltre la garanzia di qualità, la possibilità di dilazione dei pagamenti e la rapidità della consegna. Quest’ultimo aspetto soprattutto è un bel vantaggio per le imprese: noi consegniamo in un mese dall’ordine, contro i 4 o 5 mesi delle aziende cinesi e questo permette ai distributori di poter effettuare più acquisti durante l’anno, senza doversi rifornire con grandi quantità in anticipo nell’anno.

Quali obiettivi vi siete prefissati per quest’anno?
Nel 2015 abbiamo segnato un record, 1 miliardo di chiodini prodotti. Nella storia dell’Azienda non abbiamo mai raggiunto dei risultati così positivi in produzione. L’attuale stato degli ordini per queste referenze ci fanno presupporre di raddoppiare questo risultato.


Stefania Lorusso