Secondo il Rapporto 2017 sui prodotti Dop e Igp, curato da Ismea e Qualivita, la Mozzarella di bufala campana Dop è la Ferrari del Sud, con numeri da record: il valore al consumo supera i 720 milioni di euro (+7,9%) e l’export vola con un +11,4 per cento.
La bufala campana si conferma il terzo formaggio Dop in Italia per produzione certificata e valore, subito dopo il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano.
La mozzarella crea valore aggiunto nei territori di produzione, tanto che la Campania è la quarta regione del Paese per impatto economico dei prodotti a indicazione di origine. In particolare Caserta e Salerno sono le prime province del Sud nella classifica dell’impatto territoriale, rispettivamente all’11° e al 13° posto.
Inoltre il distretto agroalimentare che riunisce le aziende produttrici di Mozzarella di bufala Dop è l’unico polo campano presente nella Top 20 nazionale stilata da Intesa Sanpaolo e presenta un indice di redditività di 60,7. Di questi risultati abbiamo parlato con
Domenico Raimondo, Presidente del Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop e nuovo presidente, dal 29 maggio, di Afidop, l’Associazione dei formaggi italiani Dop e Igp.

Incominciamo dalla sua nuova carica. Quali i suoi programmi?

Ho dato la mia disponibilità per proseguire un percorso largamente condiviso dall’intera base associativa. Abbiamo dimostrato, anche in questa occasione, di saper fare rete: è un bel messaggio all’Italia che vuole rimboccarsi le maniche. In assemblea abbiamo già delineato una via di convergenza con Aicig, l’associazione che unisce i Consorzi di tutela dei prodotti italiani a indicazione geografica. La tabella di marcia prevede la nascita di un comitato di rappresentanza della nostra filiera. La strada delle sinergie è, dunque, tracciata. Lavorerò in continuità con quanto messo già in campo dal mio predecessore, Cesare Baldrighi, che è a sua volta presidente del Consorzio Grana Padano. Afidop è una straordinaria realtà, che mette insieme le eccellenze del Paese in tema di formaggi. Ripartiamo dai numeri formidabili del comparto, una leva strategica per l’economia dell’Italia, di cui tutti i rappresentanti delle istituzioni devono sempre più prendere coscienza.

Indichiamo i principali plus del Consorzio…

I plus sono molti, ma mi limito a constatare che la produzione di mozzarella di bufala campana Dop, nel 2017 ha messo a segno, anche dal lato della produzione, un aumento di 6,5 punti. Questo significa che i consumatori credono sempre di più a un Consorzio che è preposto a garanzia dei controlli. Il cliente finale si sente rassicurato da una presenza che qualifica il nostro prodotto come molte altre specialità alimentari a denominazione di origine.

Quanti sono i vostri aderenti?

Il Consorzio è composto da 104 aziende di trasformazione e da circa 1.300 allevatori che rientrano nel perimetro della certificazione del latte Dop. I distretti produttivi sono, oltre al Casertano e al Salernitano, il Basso Lazio, con Latina e Frosinone, e alcuni Comuni in provincia di Foggia.

Casari si nasce o si diventa?

Entrambe le cose. Infatti, da circa 2 anni, ci siamo trasferiti all’interno del Palazzo della Reggia di Caserta e questo ci ha permesso di sviluppare, in una nuova sede, anche il primo corso per casari. Il prossimo itinerario formativo partirà quest’anno, in autunno, quando verrà aggiunto anche un programma per gli allevatori. È un fatto unico e che indica che la qualità deve essere ‘coltivata’ lungo tutta la filiera. Il miglioramento è la nostra missione, uno scopo che ha un impatto sull’export, dove non mancano iniziative dirette a spiegare la nascita della Mozzarella di bufala Campana Dop ai consumatori stranieri. Questo serve non solo a creare visibilità, ma soprattutto ad allontanare l’italian sounding, attraverso una cultura di prodotto che vuole indubbiamente dire tradizioni e processi che gli imitatori non possono certo vantare.

La comunicazione, dunque, è molto importante…

Lo è per qualsiasi prodotto. Dunque anche da parte nostra le iniziative non mancano e sono molte. Ma pensiamo ad alcune novità, che andranno a sommarsi alla comunicazione diretta al pubblico italiano, in quanto, come ho detto, dobbiamo sempre di più considerare l’informazione per l’estero.

Possiamo quantificare i flussi esportativi?

Nel 2017 abbiamo trasformato 47 milioni di kg di mozzarella. Il 33% circa va Oltreoceano, dimostrando la rilevanza del mercato americano. È una bella sfida, in quanto il prodotto ha una shelf life abbastanza corta e, perciò, richiede una logistica adeguata, sulla quale stiamo lavorando con decisione per essere sempre più competitivi. La Francia è il primo Paese per il nostro export e assorbe una quota pari al 27,6%; seguono a ruota la Germania e il Regno Unito.

Chiudiamo con un quesito spinoso, ossia il conflitto con la prossima denominazione della Mozzarella di Gioia del Colle, già passata in Gazzetta Ufficiale e che ha portato anche a un ricorso al Tar…

Voglio chiarire che il disciplinare, che copre i prodotti vaccini della località barese, non ci vede dispiaciuti, o, addirittura, contrari per motivi commerciali. Anzi ben vengano altri prodotti a denominazione nel nostro settore. Tuttavia quello che temiamo è la confusione che può crearsi presso il consumatore italiano e, specialmente, estero. Così abbiamo chiesto al Mipaaf una maggiore precisione nella dicitura finale, che sottolinei la diversa natura dei due prodotti.