Investimenti, impianti all’avanguardia, fatturato e capacità produttiva in crescita. Ma ad ottobre, come un fulmine a ciel sereno, la richiesta al Tribunale di Rovigo del concordato in continuità dell’azienda di Lozzo Atestino, leader nella produzione in conto terzi di conserve vegetali. Per capire cosa succede realmente in casa Valbona ne abbiamo parlato con il direttore generale Cristina Marchetti.

E’ vero quanto si dice?
Sì. Non c’è assolutamente nulla da nascondere. Abbiamo presentato ad ottobre richiesta di concordato in continuità della nostra azienda.

Come siete giunti a una decisione così importante?
In realtà si è trattato di un atto di coraggio, di una scelta impegnativa decisa da noi in via preventiva.

Cosa è successo in particolare?
Un piccolo incidente. E un concomitante cambio di scenario sul fronte bancario. A luglio è infatti fallito un importante nostro cliente della distribuzione, il secondo in un anno, facendo mancare dalle casse dell’azienda una cifra importante, in uno scenario di forte evoluzione del sistema bancario, con acquisizioni e accorpamenti che non garantiscono la continuità del credito.

Quindi?
Quindi abbiamo preferito giocare d’anticipo, chiedendo il concordato in continuità ed evitando anche la più remota possibilità che gli istituti di credito potessero in qualche modo mettere in discussione una storia di oltre cinquant’anni (Valbona è nata nel 1962 NdR), il benessere di un centinaio di famiglie e rapporti con fornitori e clienti che sono sempre stati e continuano a essere eccellenti.

Che cosa cambia a questo punto per la vostra azienda?
In realtà poco o nulla, se si eccettua la momentanea difficoltà finanziaria. E sottolineo finanziaria, non strutturale, né economica o tantomeno produttiva. La produzione continua infatti regolarmente e, grazie anche impianti all’avanguardia, si attesta attualmente a 37 milioni di confezioni (con una capacità produttiva che può ancora crescere del 30%) e una crescita nel 2017 a doppia cifra.

Continuerete a investire?
Naturalmente, il fatto di ridiscutere le condizioni del debito che abbiamo con le banche ci indurrà a muoverci con grande attenzione nel prossimo futuro. Ma nessuno dei nostri lavoratori è stato licenziato, nessun contratto modificato. Certo, continueremo anche a fare investimenti. In comunicazione, ad esempio, a sostegno del marchio Valbona, supportato da tre anni a questa parte e oggi al 10% del nostro giro d’affari. Ma soprattutto in ricerca e sviluppo, proseguendo sulla strada dell’innovazione che ci ha permesso di lanciare lo scorso anno una decina di nuovi prodotti e di entrare nel mondo del fresco.

Si potrebbe definire dunque una crisi “governata” la vostra?
Assolutamente si! E affrontata con consapevolezza e pieno senso di responsabilità. Abbiamo individuato una parola d’ordine per il 2018 costituita da tre termini che iniziano con la “r”, la stessa lettera che spicca nella parola grinta e determinazione, qualità che non ci mancano: “ristrutturare, riorganizzare, rilanciare”. Ristruttureremo il debito, riorganizzeremo e rilanceremo l’azienda con ancora maggior vigore.