Le abitudini di pagamento dell’industria alimentare sono un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Dipende dai punti di vista. Se è vero che, in tempi di crisi, tutte le imprese hanno forti problemi di liquidità è altrettanto vero che il food si distingue per una certa pigrizia, anche se la compagine di coloro che tardano più di un mese non è, per fortuna, la parte preponderante.

Lo rivelano i dati dello “Studio Pagamenti di Cribis D&B”, aggiornati a marzo 2015.

Citiamo testualmente le maggiori evidenze, relative al primo quarter, periodo nel quale il settore esibisce performance di pagamento al di sotto della media italiana.

“Infatti – scrive Cribis - solo il 28,3% delle imprese rispetta i termini prestabiliti, con un gap sfavorevole di 8 punti percentuali rispetto alla media italiana (36,3%). Per quanto riguarda i ritardi, invece, il 56,3 paga entro i 30 giorni e il 15,4% paga oltre i 30 giorni”.

Da notare, nel lungo periodo, un appesantirsi delle “cattive abitudini”. Infatti le tempistiche superiori a un mese sono passate dal 5% del 2010 al 15,4% di gennaio-marzo 2015, con una variazione del +208 per cento.

“Considerando le abitudini di pagamento in relazione alla macro area geografica di appartenenza – riferisce ancora Cribis -, le situazioni più critiche emergono nel Centro e nel Sud e Isole (la percentuale degli operatori che paga con ritardo superiore ai 30 giorni è di oltre il 26%). Le performance di pagamento migliori spettano, invece, al Nord Est”.