È partita dal 31 ottobre la tanto discussa etichetta a semaforo, e per giunta in Francia, da sempre Paese vicino, non solo geograficamente e culturalmente, all’Italia. Basta dire che le nostre esportazioni food verso l’Esagono hanno toccato, da gennaio a giugno 2017, 1,76 miliardi di euro con un tasso di crescita del 7,6 per cento.

Ma come funziona il sistema Nutri-Score? I cibi e le bevande vengono classificati secondo 5 colori diversi dal ‘A’ verde che corrisponde a ‘bon’ per passare poi a un verde più chiaro, quindi a giallo, arancione e rosso, che vuole dire ‘mauvais’ ossia cattivo (dal francese antico ‘malvais’ e, a sua volta, dal latino tardo malifatius).

La scala è fissata secondo due parametri. In positivo il contenuto di nutrienti buoni, come fibre, vitamine, proteine, e in negativo la presenza, più o meno forte, di zuccheri, acidi grassi saturi, sale e derivati…

Il decreto interministeriale, approvato a fine ottobre, ha ottenuto la tacita approvazione dell’Ue, che aveva fino al 25 ottobre per dimostrarsi contraria, un silenzio/assenso del resto è già adottato, in primavera, in Gran Bretagna.

Pesanti ovviamente le prime reazioni delle associazioni di categoria, a partire da Assolatte. "Nutri-Score si basa su un approccio semplicistico e non aiuta a comprendere il contributo, in termini di nutrienti, che ogni alimento apporta alla dieta, in palese contrasto con il principio secondo cui ogni cibo ha un suo posto nella dieta e inducendo i consumatori ad acquistare prevalentemente alimenti con il 'colore verde' senza valutare l'equilibrio della propria dieta", ha dichiarato all’Ansa il presidente Giuseppe Ambrosi.

"Nutri-Score rischia di bollare come negativi degli alimenti di elevata qualità e di grande valore nutrizionale, facendo dimenticare che non è il singolo alimento a determinare sovrappeso o rischi per la salute, ma sono piuttosto la qualità complessiva della dieta e lo stile di vita adottato dal consumatore. Quindi si corre il rischio concreto - conclude Ambrosi - che questo sistema venga percepito dal consumatore come mera segnalazione di prodotti a rischio salutistico e risulti così discriminatorio verso i formaggi della grande tradizione italiana, Dop, Igp e Stg compresi".

Sulla stessa lunghezza d’onda è Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, che giudica il sistema come “una scelta fuorviante per il consumatore e che denuncia una mancata regia europea su un tema fondamentale come l’alimentazione”.

Si tratta, continua Scordamaglia, di “una valutazione parziale e scientificamente non supportata che non riserva il necessario approccio sistemico alla nutrizione: bocciare o promuovere un cibo sulla base della presenza di un singolo ingrediente confonde il cittadino e rischia di essere dannoso per la sua salute. Portando tra l’altro al paradosso di incentivare il consumo di prodotti alimentari artificialmente edulcorati e penalizzare quello di eccellenze italiane fatte con ingredienti naturali".

Conclude il presidente: “Serve un impegno a livello europeo per salvaguardare il consumatore nell’atto di scelta fermando il dilagare di metodi tutti diversi che, invece di indirizzarlo verso un acquisto consapevole, lo confondono e lo traggono in inganno”.

Di parere opposto Dario Dongo, che esprime chiaramente il suo parere su Great Italian Food Trade. ‘Il Fatto Alimentare’, Il quotidiano diretto da Roberto La Pira precisa dal canto suo che “il modello è stato scelto dopo una sperimentazione condotta in alcuni supermercati tra diversi sistemi di etichettatura, che ha individuato nel Nutri-Score il logo più efficace per migliorare la qualità nutrizionale del carrello. Adesso il logo multicolore potrà finalmente essere adottato in via volontaria dalle aziende alimentari e stampato sui prodotti”.