All’alba delle grandi feste di primavera, Pasqua, Pasquetta, 25 aprile e primo maggio, si ripresentano – ormai è una vera tradizione anche questa – gli scontri sulle aperture festive.

I grandi sindacati nazionali hanno già invitato i lavoratori all’astensione (6 e 25 aprile e primo maggio), anche in ottemperanza alle indicazioni di European Sunday Alliance , il gruppo di interesse intereuropeo che sostiene la lotta al lavoro domenicale, con numerose azioni anche sul piano delle istituzioni comunitarie.

Per contro non è dato sapere che fine abbia fatto, sempre sul versante di un’attenuazione della liberalizzazione Monti del 2012, la famosa, quanto paradossale, legge Senaldi, che prevedeva 6 giorni di chiusura all’anno nelle grandi festività. Criticata dall’Antitrust, dovrebbe essere passata all’esame delle due Camere in autunno. Diciamo dovrebbe perché, trascorsi gli annunci autunnali, nessuno ne ha più parlato.

Sull’altro fronte si segnalano le contraddizioni di Confcommercio: abitualmente contraria agli orari prolungati ha poi comunque firmato un contratto di lavoro nel quale si prevede la flessibilità oraria e la facoltà, con poco preavviso da parte del datore di lavoro, di aumentare, nei periodi di punta, il monte settimanale da 40 a 44 ore.

In questo guazzabuglio, nel quale pochi, a parte forse l’Agcm, fanno qualcosa per fare chiarezza, la soluzione migliore è probabilmente quella scelta da Carrefour, che tira avanti per la propria strada e aumenta, ormai di giorno in giorno, ma talora un po’ troppo in sordina, il programma di consolidamento della propria rete di negozi non stop.

I punti di vendita h 24 del leader francese, rimasti per oltre due anni fermi al solo Carrefour Market di Milano Piazza Principessa Clotilde, sono saliti, nelle ultime settimane, a 6, compreso l’ipermercato inserito nel centro commerciale di Torino Corso Monte Cucco.