Mentre la legge Senaldi – 6 giorni di chiusura all’anno per il commercio, pochi ma pur sempre un precedente – attende il voto del Senato, il Governo si riscopre liberal e ventila un Ddl che prevederebbe l’indiscriminata deregolamentazione dell’attività di vendita di quotidiani e periodici.

Un bis inspiegabile, visto che già dal 1999 si è tentato di vendere la stampa nella gdo, presso i tabaccai e in altri esercizi. L’insuccesso è stato evidente, e oggi, di quella prima prova, rimane solo qualche zona avancasse negli iper più avventurosi.

Non si capisce insomma il perché del ventilato provvedimento. Nell’era di Internet e dei giornali digitali a chi potrebbe interessare vendere quotidiani e periodici, che fra l’altro presentano problemi notevoli a livello di resi e di gestione, anche se poi, come tutti sappiamo, ci sono i cosiddetti rack jobber, ossia gestori terzi specializzati? I dati, se ci fosse bisogno di una prova della crisi, parlano di una dolorosa ecatombe: i giornalai erano 43.000 del 2005 e oggi sono scesi, secondo Sinagi, a 29.000, con una perdita secca di 14.000 esercizi.

“Nonostante gli impegni assunti lo scorso 11 luglio e in assenza di qualsiasi forma di confronto, l’esecutivo intenderebbe affrontare i delicati problemi del sistema diffusionale della stampa con interventi normativi isolati e unilaterali”.  E’ quanto affermano, in una lettera inviata al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti (PD), da Fenagi-Confesercenti, Sinagi-Cgil, Uiltucs-Giornalai, Snag-Confcommercio e Usiagi-Ugl.

Secondo i sindacati e le organizzazioni di settore esiste invece la necessità di una riforma organica del sistema di vendita che riguardi tutti gli anelli della distribuzione, coniugando la libertà di impresa con il diritto all’informazione. Su questo è stato richiesto a Lotti un incontro urgente.