Non è tutto. Il gruppo di Salisburgo, onde evitare una class action, ha patteggiato 13 milioni di dollari di risarcimento (10 milioni di euro). A questo tesoretto potranno attingere tutti coloro che ritengono di essere stati in qualche modo fuorviati dai messaggi dell’energy drink più famoso del mondo.

Le modalità sono precise, come riferisce un articolo del Corsera: chi ha comprato, giustificativo alla mano (ma chi conserva per anni gli scontrini delle bibite?), una Red Bull da gennaio 2002 al 3 ottobre 2014, può avere 10 dollari in contanti o, in alternativa, prodotti Red Bull per un valore di 15. Globalmente le richieste, sommate, non potranno superare il totale dei 13 milioni indicati.

Ironia a parte, sotto alla vicenda ci sono per fortuna motivazioni meno farraginose. Gli esperti di consumerismo, e i relativi media, sottolineano infatti, analisi alla mano, che una lattina non energizza di più di un normale caffè: un quarto di litro conterrebbe meno caffeina di 0,2 litri di caffè (80 mg rispetto a un massimo di 175).

Altro risvolto abbastanza kafkiano è che in realtà, negli anni, il settore degli energy drink ha fatto notevoli sforzi per alleggerire i dosaggi delle sostanze corroboranti in seguito all’allarmismo di medici e nutrizionisti. Ma evidentemente il consumatore vuole volare…