Non hanno troppi dubbi il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, e nemmeno il presidente di Ferrero, Francesco Paolo Fulci, che non ha mai usato mezze misure, facendosi anzi il principale promotore dell’avvio di una procedura di infrazione, che vede oggi il favore di 18 nazioni comunitarie.

L’etichetta, in effetti, sa di marchio di infamia. I tre colori, che in futuro potrebbero contrassegnare gli alimenti e le bevande, sono verde, giallo e rosso, con livelli cromatici di emergenza crescente, al crescere del contenuto di grassi, sale e zuccheri.

Il colpo di genio viene dal Regno Unito, dove il sistema è già largamente adottato, come è adottato in Olanda e in una parte della Scandinavia. E anche la Francia ha promesso, nelle ultime ore, di volersi adeguare.

Il problema vero non è però difendere solo i legittimi diritti dei consumatori, specie se minorenni, ma, almeno secondo alcuni, creare anche e come sempre, nuove forme di protezionismo.

Sul tema si è espresso ieri il Presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani:  "L'etichetta a semaforo nasconde in realtà una nuova guerra commerciale tra nord e sud Europa, mascherata da esigenze salutistiche – ha spiegato all’agenzia Asca -. L’ampia adesione della Gdo britannica (95%) configura già un'anomalia, rendendo lo schema quasi obbligatorio, costringendo così i produttori esteri che vogliono accedere al retail britannico a utilizzare tale forma di etichettatura, con costi aggiuntivi e rischi di mercato".

"Ma questa anomalia – ha concluso il Presidente - ne sottende un'altra di principio, a monte. Non esistono infatti cibi 'buoni' e 'cattivi' in se': esistono soltanto diete giuste o sbagliate, a seconda di come i diversi alimenti vengono combinati. Per cui, classificare alimenti e bevande è fuorviante, non si basa su evidenze scientifiche appropriate e dà un giudizio semplicistico ed erroneo sul singolo prodotto".