Ovviamente gli interessi in campo sono opposti. Quello della Gdo, da una parte, rappresentata da Federdistribuzione e Confimprese, e quello dei piccoli negozianti, che fanno quadrato intorno a Confesercenti.
E come al solito è guerra aperta fra il legislatore e l’Antitrust, la quale non ha mai nascosto la propria posizione sulla prevalenza dello Stato e della Ue in materia di orari e autorizzazioni commerciali, ma soprattutto, in questo caso, ne fa una questione di libera concorrenza, come è nei suoi poteri e doveri.
Secondo l’Agcm infatti la proposta di normativa, che potrebbe entrare in vigore già in ottobre, “viola la concorrenza ed è in evidente contrasto con le esigenze di liberalizzazione di cui è espressione l’articolo 31 del decreto Salva Italia» concepito dal Governo Monti.
Furibondi contro l’Agcm gli esponenti di Confesercenti, secondo quanto riporta “Il Sole 24 Ore”: “Nei due anni di applicazione della norma sulla liberalizzazione, il bilancio tra aperture e chiusure nel commercio al dettaglio in sede fissa è negativo per oltre 56.000 unità, di cui 6.600 nel solo comparto alimentare. E le nuove imprese del commercio hanno vita sempre più breve: a giugno 2014 oltre il 40% delle attività aperte nel 2010 – circa 27.000 imprese – è già sparito, bruciando un capitale di investimenti di circa 2,7 miliardi di euro. Un’impresa su quattro dura addirittura meno di tre anni”.