L’etichetta, in effetti, sa di marchio di infamia. I tre colori, che in futuro potrebbero contrassegnare gli alimenti e le bevande, sono verde, giallo e rosso, con livelli cromatici di emergenza crescente, al crescere del contenuto di grassi, sale e zuccheri.
Il colpo di genio viene dal Regno Unito, dove il sistema è già largamente adottato, come è adottato in Olanda e in una parte della Scandinavia. E anche la Francia ha promesso, nelle ultime ore, di volersi adeguare.
Il problema vero non è però difendere solo i legittimi diritti dei consumatori, specie se minorenni, ma, almeno secondo alcuni, creare anche e come sempre, nuove forme di protezionismo.
Sul tema si è espresso ieri il Presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani: "L'etichetta a semaforo nasconde in realtà una nuova guerra commerciale tra nord e sud Europa, mascherata da esigenze salutistiche – ha spiegato all’agenzia Asca -. L’ampia adesione della Gdo britannica (95%) configura già un'anomalia, rendendo lo schema quasi obbligatorio, costringendo così i produttori esteri che vogliono accedere al retail britannico a utilizzare tale forma di etichettatura, con costi aggiuntivi e rischi di mercato".
"Ma questa anomalia – ha concluso il Presidente - ne sottende un'altra di principio, a monte. Non esistono infatti cibi 'buoni' e 'cattivi' in se': esistono soltanto diete giuste o sbagliate, a seconda di come i diversi alimenti vengono combinati. Per cui, classificare alimenti e bevande è fuorviante, non si basa su evidenze scientifiche appropriate e dà un giudizio semplicistico ed erroneo sul singolo prodotto".