Coca Cola più sgasata: mentre il secondo trimestre si è chiuso con ricavi consolidati inferiori alle attese – il fatturato è sceso, sebbene di poco, da 12,6 miliardi di dollari rispetto ai 12,7 miliardi di un anno fa - gli utili sono invece calati a 2,60 miliardi di dollari (58 centesimi per azione) dai 2,68 (59 centesimi) riportati un anno prima. In compenso sono cresciute le vendite in volume, con un +3%.

Di chi la colpa? Difficile dirlo. In realtà la signora di Atlanta, nei suoi 128 anni di vita, di vicende ne ha vissute parecchie e questo probabilmente è solo uno dei tanti alti e bassi. Tuttavia, almeno in Italia, i soft drink ripiegano, e l’estate freddissima, sommata ai continui allarmi sul potere ingrassante delle bibite, fondati o infondati che siano, non darà certo un aiuto.

Come è noto il 16 luglio Coca Cola HBC Italia ha annunciato la chiusura della sede di Campogalliano (Modena), con 57 addetti, e l’apertura di 300 procedure di mobilità complessive. Novità si attendono in giornata dall’incontro fissato nella locale sede di Confindustria, cui seguirà un altro confronto, il 31 luglio, presso la sede milanese di Assolombarda.

Intanto i sindacati hanno indetto 16 ore di sciopero, che verranno pianificate dall’assemblea dei lavoratori del 30 luglio, a meno che in giornata non arrivi qualche rassicurazione dalla Confederazione degli industriali.

Purtroppo però poco si può fare. Mentre negli Usa il consumo di bevande gassate ha perso due punti in volume nelle ultime rilevazioni, a vantaggio di quelle piatte (+1%), in Italia, secondo quanto riporta Beverfood, a fine 2012 il mercato complessivo “delle bibite rinfrescanti (gassate + lisce) poteva essere valutato intorno ai 3.660 milioni di litri, con un calo medio del 3,7% rispetto all’anno precedente”.