Nuovi adempimenti e maggiori costi amministrativi in arrivo per la grande distribuzione organizzata da un’eventuale attuazione dell’inversione contabile, o reverse charge, dell’Iva nelle transazioni business to business (in pratica il pagamento dell’imposta per conto di alcuni fornitori). “E’ un problema che riguarda senz' altro l'anticipo di liquidità da parte delle aziende – ha spiegato al ‘Giornale delle Partite Iva’, Vincenzo De Luca, responsabile fiscale di Confcommercio -. Nel caso poi non venga raggiunto l’obiettivo di 730 milioni di euro di gettito secondo le stime del Governo, si passa all'incremento delle accise sulla benzina, che colpisce ancora una volta tutte le imprese''.

La misura è contenuta nella più recente formulazione della legge di Stabilità presentata al Parlamento dall’Esecutivo. Tuttavia la Commissione Europea potrebbe ancora respingere il progetto, visto che si tratterebbe comunque di un’eccezione rispetto agli standard di applicazione dell’Imposta.

Preoccupato, ovviamente, anche Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, che pure promuove il pacchetto normativo nei fondamentali: ““Bisogna continuare a stimolare la domanda interna e la Legge di Stabilità è una grande opportunità per imprimere una svolta in questo senso. La Dmo sta facendo tutto il possibile per tutelare il potere d’acquisto dei consumatori, eroso dalla crisi, attraverso una politica di forte accelerazione sulla convenienza, anche a scapito della propria redditività”.

“Ipotesi come la reverse charge estesa anche agli acquisti effettuati dalla distribuzione moderna organizzata – continua Cobolli Gigli - creano però ulteriori difficoltà finanziarie e contribuiscono ad aumentare i costi organizzativi, mettendo a repentaglio la capacità del settore di continuare a operare in favore dei consumatori. Auspichiamo dunque che il Governo riesca a trovare altre strade per combattere l’evasione Iva, una vera piaga per il Paese, che non siano però penalizzanti per un settore, quello della Gdo, virtuoso e trasparente sulle tematiche fiscali”.

Così, all’indomani di due indicatori con un primo, timido segno positivo, un accenno di ripresa dell’occupazione (82.000 nuovi posti in settembre) e un primo rientro dalla deflazione (+0,1% sui prezzi di ottobre), si paventa un nuovo scossone che andrebbe inevitabilmente a ripercuotersi sui lineari o sui margini del commercio, a seconda che supermercati & C. decidano di riassorbire la Iva pagata per conto dei piccoli fornitori o di trasferirla “a valle”. Si potrebbe anche arrivare a ipotizzare un’interruzione dei rapporti con quelle controparti non in grado di gestirsi da sé le imposte indirette, con danni per la struttura delle imprese e dell’occupazione da esse generata.

Perché di questo si tratta. La gdo, per evitare l’elusione dell’imposta o gli errori contabili, più o meno in buona fede, si troverebbe a dovere versare la Iva in luogo di alcuni soggetti cedenti. Dal punto di vista dell’Erario si parla di “operazione neutra”, visto che è indifferente il pagatore.

La misura, applicata nel 2000 per tamponare l’evasione delle transazioni in argento e poi nel settore edilizio, è particolarmente delicata in questo caso, visto che va a impattare sui beni di largo consumo o, come accennato, in caso di mancato gettito, sulle benzine.

Rincara la dose Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio
, in una dichiarazione sempre riportata dal “Giornale delle Partite Iva”: “C’è una probabilità molto elevata di un aumento delle aliquote Iva, sia di quella ridotta, dal 10 al 13%, sia di quella ordinaria, dal 22 al 25,5% in 3 anni. E anche le accise potrebbero aumentare. Così può venire a mancare quello choc positivo per famiglie e imprese da cui passa la ripresa economica”.