Apre i battenti domani, lunedì 5 maggio, per protrarsi fino a giovedì 8, l’edizione 2014 di Cibus, la rassegna parmense dedicata all’alimentare.  Quattro giorni per fare business ma anche per scambiarsi opinioni sullo stato del nostro agroalimentare, sostenuto da un lato dai mercati esteri e dalla prestigiosa nomea del made in Italy, e investito, dall’altro, da una flessione dei consumi interni che, nonostante alcuni segni di ripresa – ancora contradditori e difficili da leggere -, fa soffrire acutamente l’intero sistema economico nazionale. Ricordiamo che gli ultimi dati Istat, relativi a febbraio, sottolineano, per le vendite al dettaglio, un ripiegamento dello 0,2% rispetto a gennaio (diminuiscono sia le vendite di prodotti alimentari, a -0,1%, sia quella di prodotti non alimentari, a -0,2%), mentre rispetto a febbraio del 2013 la variazione si attesta sul -1, con l’alimentare allineato al dato medio e il non food che perde un po’ di più (-1,2%).

La 17° edizione di Cibus debutta comunque sotto buoni auspici, con un numero record di espositori (oltre 2.600), con tante aziende che tornano in fiera dopo anni di assenza e un gran numero di nuovi prodotti che saranno presentati per la prima volta nelle giornate fieristiche. Una fidelizzazione rafforzata dal gradimento delle imprese alimentari italiane per il percorso di internazionalizzazione intrapreso da Fiere di Parma negli ultimi quattro anni e che fa di Cibus la prima fiera italiana del made in Italy alimentare e la terza fiera alimentare al mondo.

Sono previsti, come ogni anno, workshop, conferenze, concorsi ed eventi di ogni tipo, a partire dalla prima giornata che vede in programma il tradizionale convegno di apertura in cui Federalimentare (che a Cibus terrà la propria assemblea annuale) presenterà lo stato dell’arte del settore industriale agroalimentare con i dati più aggiornati sulla produzione e gli interscambi con l’estero e un convegno coordinato da Barilla sul Protocollo di Milano (con la partecipazione di Guido Barilla). E ancora nelle giornate seguenti il convegno “Promuovere il Made in Italy: lezioni dall’estero”, realizzato in collaborazione con Gruppo Food”: uno studio su come la Gdo estera presenta il prodotto italiano e il premio Cibus a quelle catene distributive estere che si sono distinte per operazioni di comunicazione e marketing finalizzate alla promozione del Made in Italy. Da segnalare anche, il 6 maggio, la tavola rotonda “Salto di qualità per la Quarta Gamma italiana: l’evoluzione dei rapporti fra produzione e distribuzione, nuove opportunità per lo sviluppo del settore”, promossa da AIIPA IV Gamma.

Difficile condensare, a poche ore dal fischio di inizio, tutte le novità, che comunque gravitano su alcune aree specifiche: biologico, nuovi prodotti per la cucina in casa, nuovi prodotti salutistici. Oltre a questi segmenti vedremo, tanto per fare qualche nome, le focacce in monoporzione snack (Barilla) e nuove referenze di pan soffice, grissini, cracker e tarallini con grano duro e tenero, kamut e saraceno (De Cecco).  Nel comparto dell’olio, l’olio biologico in bag in box, la confezione con rubinetto che non si ossida, da tempo utilizzata per il vino (Frantoio D’Orazio Picicco) e l’olio extra vergine in spray, che riduce gli sprechi (Limoni Sicilia), le vinaigrette all’aceto balsamico, arancia e lime, pomodori secchi e cipolla e scalogno (Monini), fino alla linea cosmetica completa realizzata con l’olio, quindi crema per mani, per il corpo, la schiuma per doccia e via dicendo (Monini). Tra i formaggi le vaschette di formaggio fresco spalmabile (Strakì Sterilgarda) con crema di latte e quello con fermenti lattici vivi e calcio (Galbani). E ancora: le zuppe di verdura in bicchiere, dalla vellutata di carote al passato di verdure (Euroverde), le panelle prefritte surgelate, a cottura rapida (Cgm), la camomilla a infusione diretta in acqua minerale (Rocchetta).  Infine verrà presentata anche una nuova Dop: il formaggio Puzzone di Moena (Consorzio Trentino).

Molta effervescenza insomma, che ribadisce l’importanza dell’alimentare come comparto primario sia a livello di produzione che di export. Nel 2013 il fatturato totale – dovuto a 6.845 imprese con oltre 9 addetti -  ha raggiunto, secondo le elaborazioni di Federalimentare su dati Istat, i 132 miliardi, in crescita dell’1,5%. Se la produzione ha perso lo 0,7%, gli addetti si sono mantenuti costanti, su un organico totale di 385.000 persone. L’export (26,2 miliardi) ha guadagnato il 5,8% in valore e il saldo è stato positivo per poco meno di 12 punti.

Per famiglia merceologica si conferma, al primo posto, l’aggregato “vino, mosto e aceto”, con quasi 5,5 miliardi, seguito dal dolciario (3,16 miliardi), dal lattiero-caseario (2,4), dalla pasta, dalla trasformazione degli ortaggi, dal caffè e dalla trasformazione della frutta.

A prescindere dalle dimensioni dei flussi e dei singoli segmenti merceologici, le dinamiche valutarie evidenziano la doppia cifra per quanto riguarda l’alcol etilico, lo zucchero, i prodotti per l’alimentazione animale, le acque minerali, i liquori e spiriti, l’ittico. Portano il segno meno, anche se con indicazioni tutto sommato contenute, la trasformazione della frutta, il molitorio e la birra.

Ci salveranno le esportazioni? Pare proprio di sì, almeno fino a quando la ripresa italiana non darà elementi di speranza più credibili e più degni di nota.