“A dispetto anche degli ultimi inquietanti dati estivi sui consumi, crediamo che non sia corretto immaginare una recessione senza fine. Pensiamo invece che il 2015 possa essere l’anno dell’inversione di questo trend molto negativo, a patto che si operi per il sostegno alla domanda interna con provvedimenti a favore delle classi più deboli, con investimenti strutturali di ammodernamento del Paese, con politiche di riattivazione del credito alle imprese”. Così Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, durante la presentazione dell’ultimo rapporto economico che il gruppo leader della nostra Gdo dedica annualmente ai consumi, ma anche al commercio e al sentiment.

Inversione? Forse, anche se il documento è un vero “bollettino di guerra”. Il 2014 avrebbe dovuto segnare un nuovo inizio, per non dire un sorpasso e invece ci si è fermati sull’orlo del baratro, alle prese con equilibri sempre più difficili. E dal 2007 a oggi si sono volatilizzati circa 15 punti di Pil, ossia 230 miliardi di euro. Ciascun italiano ha visto ridursi, nello stesso periodo, il proprio reddito disponibile di 2.700 euro. Come dire uno stipendio in meno per i quadri e due per operai e impiegati.

I nostri connazionali continuano, però, a mostrare insospettabili capacità di adattamento, sostiene Coop. “Assorbono gli urti provocati dalla recessione e rivoluzionano il proprio stile di vita trasformando le cicatrici della crisi in nuovi o antichi valori. Dopo anni di calo tornano a crescere i depositi (1,7%, la maggiore quota di reddito risparmiato nell’ultimo biennio) e il 41% dichiara di destinare al risparmio il denaro disponibile, dopo avere soddisfatto bisogni essenziali. Fra gli obiettivi spiccano temi classici, quasi ancestrali: il futuro dei figli (sempre di meno ma sempre più preziosi) e le esigenze legate alla casa di proprietà.

Si afferma un nuovo modello di spesa improntato alla frugalità (meno spostamenti, meno vestiti, meno svaghi e divertimenti, ma anche meno tabacco, alcool e gioco) sostenuto dalle nuove opportunità offerte da Internet e dai social media (60 milioni i device mobili connessi in Italia).

I consumi sono generalmente al palo, ma a volere stilare una classifica, sul podio svetta il binomio cucina-tecnologia: food maniaci da un lato e digitali dall’altro. I soli comparti che non decrescono, in un mare di segni meno, sono infatti il cibo (ma solo nelle sue varianti salutistico, etico, etnico, biologico/vegano) e la tecnologia, specie se mobile.

E d’altronde il made in Italy è sempre più alimentare. All’acquisto di alimenti e bevande gli italiani destinano oltre il 18% della spesa per consumi, quasi il 4% in più della media europea: più pane e pasta, più carne (anche se meno di Francia e Spagna) e più pesce (ma meno di Spagna e Portogallo).

Gli alimenti preferiti sono quelli che prestano attenzione alla salute dell’uomo e dell’ambiente. Il bio-boom (il giro d’affari di salutistici e biologici solo nella Gdo nel 2014 supererà i 700 milioni di euro) dimostra anche, per converso, come le “rinunce” o per meglio dire le “ricerche” alimentari siano addirittura diventate trendy: il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano o vegano: l’attenzione alla digeribilità dei cibi, al netto delle vere e proprie intolleranze, genera un +18% del fatturato della Gdo per prodotti speciali, come i senza glutine o gli alternativi al grano.

Nella top ten dei prodotti più venduti nel 2014 rispetto al 2013 occupano il primo posto proprio i gluten free (la variazione è del 32,1%) e al terzo campeggiano le bevande alla soia (20,1%). Se poi si osservano i carrelli della spesa (raggruppamenti di prodotti con caratteristiche funzionali omogenee), ci si accorge che gli italiani amano sempre più mangiare etnico (+10% solo nell’ultimo anno), ritornano ai piatti pronti dopo un biennio di rallentamento (+3,2%), il lusso non demorde evidentemente grazie a alcune fasce sociali (+2,1%), mentre rimangono al palo sia il carrello LCC (largo consumo confezionato) che quello basic.

La flessione della spesa ha avuto ripercussioni importanti sia sul commercio al dettaglio in generale, che sulla grande distribuzione in particolare, determinando in entrambi i cambiamenti delle rispettive reti di vendita.

Per la prima volta nella sua storia la Gdo alimentare ha fatto segnare una riduzione dell'area di vendita pari a un -0,2% e subirà nel 2014 una sforbiciata ancora più ampia. In crescita solo i discount (un sesto degli acquisti passa da qui) e i superstore, spesso però frutto di un downsizing degli ipermercati, dove permangono comunque negativi i dati di vendita anche nel primo semestre dell’anno. A parità di rete persino i discount mostrano comunque i primi segnali di cedimento.

Confrontandosi a livello europeo, se dal punto di vista dei metri quadrati rapportati alla popolazione oramai l’Italia si va assestando su livelli di sviluppo non dissimili da quelli dell’intero Occidente, dal punto di vista della reazione alla crisi il nostro Paese, insieme alla Spagna, è quello dove la Gdo ha sofferto maggiormente e dove si registrano le performance peggiori. Anzi, la nostra Penisola si è caratterizzata per l’assoluta stasi dei volumi (0,3% in un quinquennio) e la più bassa variazione dei prezzi (3% dal 2008 al 2013) eccezion fatta, appunto, per la nazione iberica.

“E’ decisiva nel medio periodo la ripresa di una politica di riforme, a partire dalle liberalizzazioni e dai provvedimenti antimonopolistici
che generino ricadute positive sul potere di acquisto delle famiglie (farmaci, energia, servizi finanziari) – ha commentato Pedroni -. Il settore distributivo è sottoposto a una forte pressione, derivante dalla riduzione dei consumi e dall'accresciuta concorrenza. In Italia il settore mostra ancora una bassa concentrazione rispetto ai principali Paesi europei; sarà inevitabile una maggiore concentrazione nei prossimi anni, con crescita dell’efficienza e della dimensione media dei principali operatori.

“Noi, che siamo il primo distributore italiano di beni di largo consumo, crediamo che la risposta principale, ancor prima che nella crescita quantitativa, sia nella crescita qualitativa, innovando profondamente il modo di fare impresa. Lavoriamo a importanti cambiamenti spostando valore dalle promozioni allo scaffale e introducendo in modo massiccio una modalità promozionale che lasci al consumatore la possibilità di scegliere senza imposizioni; semplificando i rapporti con l’industria e le condizioni contrattuali e allineandole a quelle europee; progettando una forte evoluzione del prodotto a marchio con l’obiettivo di superare rapidamente la quota del 30% (anche se quest’anno per la prima volta le Mdd si sono fermate su una media del 15%, ndr). Per Coop il 2014 è un anno di preparazione e in parte di anticipazione di questa importante svolta, che crediamo farà bene non solo a noi, ma all’intero settore.”

Il rapporto Ancc-Coop si chiude con una nota demografica preoccupante, ovvero lo spread generazionale. Negli ultimi 10 anni i redditi delle le coppie con meno di 35 anni sono calati del 17%, quelli degli ultra 65enni sono cresciuti del 41%. Nessuna sorpresa quindi se il 2014 sia stato l'anno con il minor numero di nascite in Italia. Ma senza figli non c'è ripresa delle aspettative, non c'è incremento dei consumi, non c'è futuro.

 

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