Compri il libro di storia e geografia, l’eserciziario di matematica, la grammatica spagnola, l’antologia degli autori del Novecento, il compendio dei verbi latini e, in cambio, ti diamo – il che è normale - lo sconto previsto dalla cosiddetta Legge Levi, (15% sul prezzo di copertina), norma entrata in vigore l’1 settembre 2011 e subito ribattezzata, oltre che con il nome del primo firmatario, l’allora deputato PD, il giornalista Ricardo Franco Levi, “legge anti Amazon”.

Ma oggi quel secondo nome non ha più nessun senso, perché persino Jeff Bezos potrebbe strapparsi i capelli – se non si fosse nel frattempo rasato a zero – di fronte al marketing che la Gdo mette in atto sulla scolastica.

In Italia gira così. Insieme alla cartella piena, madri e padri avranno anche, dalla propria insegna di fiducia, tanti buoni per comprare pasta, formaggini, cotolette, vino, birra, sottaceti e quant’altro, per un controvalore pari al 20% dello scontrino librario. Il tutto però riservato ai titolari di fidelity card, vecchi e possibilmente nuovi, che verranno ancora più intensamente profilati (niente sfugge alla grande distribuzione). Ma i consumatori dovranno comunque utilizzare i coupon entro un arco di tempo relativamente breve, ovvero una trentina di giorni, settimana più settimana meno. Così verrà garantito un incremento dei fatturati sia in settembre, con i libri, sia entro i primi di ottobre, con un colpo di coda del grocery.

Diabolicamente geniale, anche se i prodotti “civetta” non sono certo una novità. Ma Mr. Bezos, lui, di formaggi, sedani e altre ghiottonerie non ne vende, almeno da noi e almeno per ora – per poco visto che Amazon Fresh promette di partire in Germania nel vicinissimo autunno -, come non ne vendono gli altri big telematici e dunque, nei nostri confini, deve accontentarsi del 15%, con il plus, magari, della consegna gratuita a domicilio. Ma anche qui la partita è aperta, visto che in Francia, lo scorso 26 luglio, è scattata una nuova legge anti Amazon, che blocca, per i libri, il cumulo fra corriere gratis e sconto addizionale, che però nell’Esagono è un modesto 5 per cento.

Un selvaggio West, insomma, dove si combatte a colpi di marketing, ma anche di leggi, sentenze e ricorsi. Il problema vero è che il mercato, di suo, è predatore e tende a negare i diritti delle minoranze, penalizzate, nello specifico, dalla mancanza di modernissime tecniche di vendita e di molti capitali da investire.

Da noi i soggetti deboli, la minoranza, sono, appunto i librai indipendenti. Alla scolastica si potrebbe al limite anche rinunciare, visto che ha logiche di vendita paurosamente simili a quelle di panettoni e pandori e con margini per il libraio ormai ridotti a meno di un aggio, ma è altrettanto vero che essa costituisce ancora un’attività che dà significato al libraio del territorio, intesa più come elemento di fidelizzazione e di servizio. Tuttavia Secondo Ali, l’associazione italiana librai aderente a Confcommercio, anche la vendita continuativa non va bene. Nel 2013 ci sono state 150 chiusure e nel primo trimestre del 2014 il sell out ha perso ancora il 5,3%, per 1 milione e 400.000 volumi.

Ecco perché le librerie indipendenti non devono e non possono rinunciare alla scolastica. Alberto Galla, libraio vicentino e presidente di Ali, non ci sta e, come ogni anno, dà battaglia insieme ai propri associati.

Si sente un lobbista, Presidente? “Penso che per una categoria come la nostra sia assurdo parlare di lobby, e non credo che chiedere almeno una concorrenza leale sia essere dei lobbisti. In questo Paese, in fin dei conti, esiste anche un’Autorità. Le diverse categorie hanno il diritto-dovere di tutelare almeno la propria sopravvivenza…mi pare naturale. Come mi parrebbe naturale che molti capissero che noi non possiamo avere gli stessi strumenti di marketing di una grande catena di ipermercati e che pensassero che un mondo senza librerie sarebbe decisamente un mondo più triste”.

Ma l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di solito tanto severa, cosa dice? “Non molto, almeno di recente, anche se è stata interpellata in passato sugli sconti dei libri in generale che, prima della Legge Levi, non erano regolati. La Gdo era arrivata ai limiti del dumping, con tagli prezzo anche del 40%. Da qui la normativa”.

“Il vero nodo ideologico – prosegue Galla - è che, Antitrust o non Antitrust, a prevalere è sempre un facile concetto di vantaggio del consumatore. E dico facile in quanto non è per nulla detto che il lettore di libri privilegi per forza il prezzo, rispetto all’assortimento, al consiglio del libraio alla possibilità di ordinare un volume raro su richiesta. Forse, come dirò poi, vuole entrambe le cose. Nemmeno nel caso della scolastica la libreria può essere esclusa del tutto, visto che l’ipermercato, quando si arriva a una certa data, chiude le danze e le famiglie si trovano con titoli mancanti, che devono poi rincorrere da un negozio all’altro”.

Sì ma i buoni spesa? “Come Ali abbiamo inoltrato, lo scorso anno, ricorsi d’urgenza a vari Tribunali, ottenendo in prima istanza la ragione dal giudice monocratico. La grande distribuzione ha reagito e l’affaire, portato davanti al giudice collegiale, è finito in niente. Ossia non si è ritenuto di incorporare direttamente i buoni e le varie forme di vantaggio - reputate semplici strumenti di fidelizzazione - nello sconto vero e proprio. E vengo a quest’anno: ci siamo rivolti alle Polizie Locali e sono riaffiorate le medesime distinzioni fra marketing e sconto”.

Esistono però altri concorrenti molto temibili, come le librerie on line. Che dire su questo? “Il libraio on line che, nella maggior parte dei casi non è un pure player ma ha anche punti di vendita fisici, agisce nel rispetto della legge. Dunque su questo non abbiamo nulla da ridire. Certo sono potenti. Ma la loro forza dovrebbe insegnare una cosa alla nostra categoria, ossia a modernizzarsi, a fare rete, collegandoci fra noi e agganciando poi le piattaforme virtuali già rodate. Non penso che la libreria vecchio stile possa resistere a lungo, senza ampliare i propri orizzonti alle opportunità della telematica. Da un lato le grandi città, dove il negozio di libri esiste, presentano costi proibitivi, basti pensare agli affitti. Dove invece i costi sarebbero più bassi, come in provincia, manca a volte un flusso costante di frequentatori, e la falla è riempita dal commercio elettronico. Chiudere gli occhi sarebbe un mezzo suicidio”.