Il carrello piace green: non fanno eccezione, rispetto a questa tendenza, i soci e consumatori Coop, che sembrano aver elaborato una strategia di acquisto orientata a privilegiare prodotti bio ed eco rispetto agli analoghi convenzionali.

“Dal 2009 al 2013 la linea Vivi Verde – più di 400 tra referenze bio ed eco - ha fatto registrare un 70% di crescita. I consumi green non conoscono la crisi”, ha confermato, il 5 giugno, Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente

E tutto ciò avviene mostrando una sensibilità al tema che è tale da poter sopportare anche differenze di prezzo. E’ così, nella rete Coop, per la pasta di semola bio +55% rispetto al +6% della pasta di semola tradizionale (aprile 2014 su aprile 2013), per il latte +7% a fronte di un +1 del convenzionale, le uova +6% rispetto al +3. E lo stesso discorso vale per le conserve rosse +11% rispetto al -1%, il riso +17% a fronte di un -3% e anche nel drug (+21%).

Il leader ovviamente non è solo in questa marcia trionfale. Tutti i grandi player hanno sviluppato da tempo e con successo, robusti assortimenti di prodotti amici dell’uomo e dell’ambiente: da Carrefour Bio, a Conad Il Biologico (1% del fatturato, in crescita del 17%) a Esselunga Bio, solo per citare a caso.

L’interesse della gdo, insieme alla sempre maggiore diffusione dei punti di vendita specializzati, sono stati i fattori davvero determinanti nella democratizzazione di questi beni (sugli andamenti dei prezzi leggi le rilevazioni Ismea ).

Osserva Italia, l’osservatorio periodico condotto da Conad, Nielsen e “La Rebubblica – Affari & Finanza”, conferma che la domanda è decisamente in positivo e, secondo Aiab, ha fatto segnare ancora un +8,8% nel primo semestre 2013, rispetto a una contrazione del 3,7% degli acquisti dei nostri connazionali.

“I prodotti di valore – si legge sul quotidiano - non segnano il passo, ma crescono a ritmi costanti. Nonostante il prezzo più alto, un italiano su due fra coloro che hanno possibilità di spendere consuma biologico, perché ha maturato la consapevolezza dell'importanza della qualità e della salubrità di ciò che acquista. Ed è dunque disposto a spendere -  e spendere di più -  per un prodotto di valore, di qualità. Non è edonismo, quanto l'affermazione e la difesa della qualità di ciò che si consuma all'insegna del benessere fisico”.

I dati relativi al canale specializzato confermano e amplificano il tutto. L’Osservatorio Sana 2013, curato da Nomisma su incarico di BolognaFiere, nella sua ultima indagine rivolta ai titolari dei negozi bio, resa nota a settembre, spiega che le vendite (food e non-food) nel canale selettivo sono rimaste in crescita a doppia cifra tra il 2010 e 2012 (+13,6% in due anni). A sostenere la domanda sono stati soprattutto i generi alimentari (+14,5 tra il 2010 e il 2012); il non food ha però compiuto, dal canto suo, un significativo passo in avanti (+9,3%).

L’analisi del trend delle vendite 2010-2012 individua nei prodotti alimentari secchi confezionati la macro-categoria con la maggiore performance (+17,2% nel biennio). Anche gli alimentari freschi crescono, soprattutto quelli confezionati (+13,5% a fronte del +8,1% dei freschi non confezionati). Tra i prodotti non food, sono i beni per la cura della persona che registrano, sempre nel canale specializzato, la maggior crescita delle vendite 2010-2012 (+11,1%).

E così il mercato, un tempo di nicchia, ha superato la soglia dei 3,1 miliardi di euro. Oggi però qualche nuvola si addensa sul un settore.

Aiab, Associazione italiana agricoltura biologica, sottolinea alcune criticità nella nuova proposta di Regolamento presentata dalla Commissione europea per rivedere interamente la disciplina sull’agricoltura biologica su scala continentale, proposta della quale discuteranno nei prossimi mesi il Parlamento e il Consiglio per portare tutta la materia a una definitiva approvazione entro la seconda metà del 2017.

Le questioni aperte sono parecchie e tra queste la maggiore vigilanza e l'uniformità delle regole sugli scambi commerciali. “Il rischio – puntualizza l’associazione - è che si crei una sorta di barriera invalicabile per chi è fuori dal ‘recinto’ europeo. Dobbiamo fare attenzione a non creare forme di protezionismo nascosto” (non dimentichiamo che il primo mercato mondiale è quello statunitense e dunque le eventuali restrizioni e le prevedibili ritorsioni sarebbero molto pericolose).

Non è tutto. “Gli agricoltori e i consumatori, che sin dall’inizio hanno scritto le regole del biologico, devono essere coinvolti nel processo decisionale, attualmente solo in mano alla Commissione. Il principale problema del Regolamento – dice Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab - è quello di non prevedere forme di aggiornamento innovative che passino attraverso i principali attori del bio. Se è vero che il mercato è fondato su principi saldissimi e che devono rimanere immutati, è anche vero che le norme su ricerca, tecniche, misurazioni devono poter cambiare, adattandosi ai tempi. Questo cambiamento deve essere partecipato. Altrimenti viene meno tutto il presupposto su cui l’agricoltura biologica è nata: il forte collante tra chi produce e chi consuma”.  

E così su queste problematiche si svolge a Roma lunedì 9 giugno, un incontro fra il viceministro alle Politiche Agricole, Andrea Olivero, e l'Associazione stessa.  

Il semestre Ue di presidenza italiana, che inizia il primo di luglio, riuscirà a levigare per tempo gli spigoli del futuro Regolamento?