Assica, l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi aderente a Confindustria, nella sua assemblea annuale che si tiene a Roma ha posto al centro della discussione il tema del futuro dell’intera filiera, oltre a presentare i dati economici di un settore, quello dei salumi, che registra una lieve crescita nell’export e invece una flessione nei consumi.

Le aziende associate – circa 180 rappresentative dei più importanti marchi della salumeria italiana – esprimono l’80% del fatturato industriale della produzione delle carni trasformate (salumi, carni in scatola, grassi suini lavorati) pari a oltre 8 miliardi di euro. Di questi, circa 1,5 miliardi di euro sono provenienti dall’export.

Il saldo commerciale del settore ha registrato un incremento del +1,5% per oltre 1,3 miliardi di euro.

«Il 2018 – ha affermato il presidente di Assica, Nicola Levoni - ha segnato un incremento dei livelli produttivi del settore suinicolo, caratterizzato tuttavia da consumi stagnanti e da un rallentamento della crescita delle esportazioni. In questo contesto mutevole e volatile, abbiamo proposto soluzioni alla nostra politica che, con tempestività e impegno ha messo a punto con noi risposte concrete. Registriamo dunque con estremo favore la previsione nel Decreto Emergenze in agricoltura di un apposito fondo per l’ammodernamento, l’innovazione e la promozione del settore suinicolo. Un segnale di attenzione tempestivo, concreto e niente affatto trascurabile – prosegue il presidente -. E l’approccio trasversale a tutte le forze parlamentari e di Governo con cui è stato portato avanti questo provvedimento ci conferma ancora una volta di quanto il nostro settore e l’agroalimentare tutto siano effettivamente al centro del rilancio del nostro Paese».

Nel 2018 è risultata in aumento la produzione di salumi, che ha chiuso i dodici mesi attestandosi a oltre 1,184 milioni di tonnellate da 1,177 del 2017 (+0,6%). Il valore della produzione ha mostrato una crescita più sostenuta, portandosi a 8.081,9 milioni di euro (+1,3%). In merito ai singoli salumi, il 2018 ha registrato una importante crescita nella produzione di prosciutti crudi stagionati. Dopo la flessione del 2017, la categoria ha evidenziato un incremento importante (+3,9%) in quantità per 289.400 ton e (+4,0%) in valore per 2.273 milioni di euro. Il prosciutto crudo stagionato è divenuto così il principale salume prodotto con riferimento ai volumi oltreché ai valori. Anno in flessione, invece, per la produzione di prosciutto cotto, scesa a 288.500 ton (-2,3%) per 1.970 milioni di euro (-1,9%). A determinare questa flessione è stato il deciso calo delle esportazioni, in particolare di quelle verso la Spagna, che si è sommato al decremento dei consumi interni.

Grazie alla crescita dei prosciutti crudi stagionati la quota di prosciutti crudi e cotti, prodotti leader del comparto, è leggermente aumentata rispetto all’anno precedente arrivando a 48,8% in quantità e si è confermata stabile in valore a quota 52,5%. Trend cedente anche per la produzione di mortadella, fermatasi a 164.800 ton (-0,9%) per un valore di 661,8 milioni di euro (-0,5%) e per quella di wurstel, scesi a quota 60.500 ton (-1,2%) per un valore di circa 184,8 milioni di euro (-1,6%). Nel 2018 è proseguita, per il quinto anno consecutivo, la crescita dello speck, la cui produzione è arrivata a quota 35.900 ton (+4,1%) per un valore di 357,6 milioni di euro (+4%).
In aumento anche la produzione di salame che, anche beneficiando della buona performance dell’export, è salita a 112.100 ton (+0,8%) per un valore di 944,6 milioni di euro (+1,5%). Andamento cedente, invece, per la pancetta, che nel complesso dei dodici mesi ha visto la produzione fermarsi a quota 51.200 ton (-2,1%) per un valore di 229,3 milioni di euro (-1,6%). In calo anche la coppa 43.000 ton (-0,6%) per 321,1 milioni di euro (-0,2%). Solido aumento per la bresaola, che ha chiuso il 2018 con un +3,4% in quantità per 17.900 ton e un +3,7% in valore per 280,6 milioni di euro.

Il 2018 è stato un anno difficile per i consumi. Il progressivo deterioramento del ciclo economico e maggiori timori per il futuro hanno prodotto un rimbalzo rispetto al positivo 2017 che è risultato particolarmente pesante nella Gdo. Nel complesso dell’anno, la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (definita come la differenza fra produzione e saldo import/export al netto della variazione delle scorte) è stata di 1,049 milioni di ton (-0,9%) contro 1,059 milioni dell’anno precedente.
Il consumo reale procapite di salumi si è attestato pertanto a circa 10,7 kg (-0,9%) nel 2018. Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo reale procapite è stato pari a 18 kg (-0,9%). La struttura dei consumi interni vede al primo posto sempre il prosciutto cotto con il 26,4%; seguito dal prosciutto crudo con il 21,8%; la mortadella/wurstel con il 19%, il salame con il 7,9% e la bresaola con l’1,4%. Chiudono gli altri salumi con il 23,6%.

«Per una ripresa dei consumi interni, in flessione ormai da anni, occorre ridare slancio all’economia nazionale, ricordando la centralità dell’impresa che non deve essere più vista con diffidenza, ma come un partner importante all’interno della filiera e una garanzia per il consumatore. Oggi sono più che mai una priorità le iniziative volte alla corretta informazione e alla promozione di moderni e corretti stili alimentari e di vita per valorizzare la tradizione e la tipicità del nostro settore», ha continuato Levoni.

Secondo le elaborazioni Assica sui primi dati Istat, nel corso del 2018 il nostro export ha raggiunto quota 181.997 ton (+1,0%) per un valore di 1,5 miliardi di euro (+0,3%). In difficoltà sono apparse le spedizioni verso la UE mentre è risultato più dinamico l’export verso i Paesi terzi, dove un ruolo importante è stato giocato dalle spedizioni verso gli Usa. Nel corso dell’anno hanno evidenziato un calo le importazioni di salumi, scese a 51.295 ton (-8,2%) per un valore di 202,7 milioni di euro (-6,7%).

«Il 2018 è stato un anno ancora positivo sul fronte dell’export. Sicuramente abbiamo registrato una crescita più contenuta rispetto al passato, ma dobbiamo considerare che dal 2014 ad oggi le nostre esportazioni di salumi sono aumentate del 21,9% in quantità e del 21,4% in valore. Nel 2018, inoltre, abbiamo assistito ad un generale rallentamento dell’export Made in Italy anche a causa delle difficoltà di alcuni partner commerciali fondamentali nella UE», ha specificato il presidente.