La decisione di far rientrare i sacchetti bio 'leggeri' nel campo di applicazione della normativa Ue del 2015 è stata una scelta autonoma dell'Italia. Come riportato dall’Ansa questa è l‘indicazione fornita da un portavoce della Commissione europea, il quale ha ricordato che la norma europea ha dato agli Stati membri la possibilità di escludere dal campo di applicazione della direttiva i sacchetti al di sotto dei 15 micron di spessore, cioè quelli utilizzati per frutta, verdura e altri alimenti freschi finiti al centro della polemica scoppiata in Italia. Lo stesso portavoce ha poi ribadito che Bruxelles non entra nel merito del riuso dei sacchetti bio poichè si tratta di una questione sanitaria di competenza nazionale.


"I ministeri dell'Ambiente e della Salute la smettano di lasciare in sospeso i consumatori del nostro paese con argomentazioni vaghe e pretestuose e di praticare un incomprensibile rimpallo di responsabilità sulla vicenda delle retine riutilizzabili per frutta e verdura. Serve con urgenza una nota ufficiale congiunta dei due dicasteri che autorizzi la grande distribuzione a garantire ai cittadini un'alternativa riutilizzabile alle buste compostabili monouso, così come avviene già in diversi Paesi europei". Il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani commenta così la circolare interpretativa diffusa ieri dal ministero dell'Ambiente in merito alla norma sui biosacchetti per frutta e verdura. "Una nota che non fa altro che rimpallare la responsabilità al dicastero della Salute per valutare la conformità alle normative igienico-alimentari dei sacchetti monouso - scrive la ong - e che lascia presagire il divieto dell'uso dei sacchetti riutilizzabili per presunti problemi igienico sanitari, come emerso anche dall'intervista rilasciata dal segretario generale del Ministero della Salute Giuseppe Ruocco". "Non ci si risulta che in Germania, Svizzera e negli altri paesi europei ci siano mai state epidemie causate dalla contaminazione da sacchetti o retine riutilizzabili nei supermercati - prosegue Ciafani -. E poi i reparti dell'ortofrutta dei supermercati non sono sterili come camere operatorie. L'inevitabile e naturale presenza della terra residua dalle attività agricole ad esempio testimonia che i rischi igienico sanitari paventati sono davvero pretestuosi".


"Soltanto chi non ha mai lavorato in un punto vendita può pensare che siano percorribili soluzioni fantascientifiche, come quelle dell'utilizzo di sacchetti portati da casa, con l'obbligo da parte degli esercenti di verificarne l'idoneità; un modo certo per creare contenziosi con i clienti e confusione in caso di eventuali controlli". A parlare è Donatella Prampolini Manzini, presidente Fida, la Federazione Italiana Dettaglianti dell'Alimentazione di Confcommercio-Imprese per l'Italia e vicepresidente Confcommercio. Prampolini precisa che "la discussione sui sacchetti biodegradabili richiede chiarezza nell'interesse dei consumatori, degli esercenti e anche della Pubblica Amministrazione, chiamata direttamente in causa".

fonte: Ansa