L'economia dell'innovazione ha origine con la scoperta scientifica e raggiunge il suo culmine grazie alla speculazione finanziaria. Negli ultimi due secoli e mezzo, la crescita economica è stata alimentata da una sequenza di procedimenti per tentativi ed errori: ricerche e invenzioni originali e controcorrente, a monte, esperimenti per mettere a frutto il nuovo spazio economico creato dall'innovazione, a valle. Ognuna di queste attività ha generato inevitabilmente molti sprechi lungo il percorso: programmi di ricerca finiti nel nulla, invenzioni inutili, iniziative commerciali fallite. Contrariamente al dogma sul quale si fonda l'economia neo-classica, la principale virtù di un'economia di mercato non è l'efficienza, bensì la capacità di tollerare gli inevitabili sprechi.

Attingendo alle sue esperienze professionali, William H. Janeway, economista e venture capitalist di successo, costruisce un chiaro quadro di queste dinamiche. Le riflessioni personali maturate durante la sua quarantennale carriera si accompagnano all'esposizione di una teoria originale che mette in evidenza il ruolo fondamentale giocato dallo Stato, sia per finanziare la ricerca che dà luogo a scoperte e invenzioni, sia per preservare la continuità nell'economia di mercato quando scoppia la bolla speculativa che ne ha finanziato la trasformazione.

Questo processo, secondo Janeway, è trainato da tre insiemi di giochi ininterrotti, reciproci e interdipendenti che vedono coinvolti lo Stato, l'economia di mercato e il capitalismo finanziario.
Oggi, con lo Stato paralizzato e impossibilitato ad agire come operatore economico e un mercato dei capitali limitato a una sparuta minoranza, l'economia dell'innovazione si trova in una fase di stallo. Le analisi e le indicazioni contenute in questo libro rappresentano un importante contributo al suo rilancio.